La Bce fa il falco: tassi su dello 0,75%

Lagarde: "Decisione unanime, ma visioni diverse. L'inflazione? Commessi errori"

La Bce fa il falco: tassi su dello 0,75%

Si è predicata a lungo la gradualità, ma evidentemente alla Bce hanno cambiato idea. Tant'è che ieri, come previsto dalle indiscrezioni, l'istituto guidato da Christine Lagarde ha varato un rialzo dei tassi d'interesse dello 0,75%, il più alto da quando esiste la moneta unica. E non è finita, perché nelle «prossime riunioni il consiglio» della Bce si aspetta «ulteriori rialzi dei tassi» che saranno guidati nell'entità dai prossimi dati sui prezzi. Un aumento che ci sarà in almeno due riunioni (compresa quella di ieri) e «in meno di cinque». Adesso il tasso principale è all'1,25%, quello sui depositi a 0,75% e quello sui prestiti marginali all'1,5 per cento. Insomma, una vittoria dei falchi, agevolata da un'inflazione che nel frattempo è continuata a peggiorare. La Bce ha rivisto al rialzo le stime sul carovita che ora si attende all'8,1% in 2022, 5,5% nel 2023 e 2,3% in 2024. La recessione, stavolta, appare davvero vicina: tant'è che l'istituto centrale ha stimato, nello scenario peggiore, una crescita negativa nel 2023 nell'ipotesi di uno scenario avverso. E una modesta crescita dello 0,9%, invece, nello scenario base (per quest'anno attesa una crescita del 3,1%).

A Francoforte si pensa che sia in atto un forte rallentamento dell'economia, che porterà a un «certo aumento della disoccupazione». Viene in mente la barzelletta di Mario Draghi sul cuore mai usato dei banchieri centrali quando si parla di aiuti da contenere per evitare spirali inflazionistiche. «Le misure di bilancio per attutire l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia dovrebbero essere temporanee e rivolte alle famiglie e alle imprese più vulnerabili per limitare il rischio di alimentare pressioni inflazionistiche, migliorare l'efficienza della spesa pubblica e preservare la sostenibilità del debito», ha infatti detto ieri la stessa Lagarde.

La Bce, ha proseguito, ha adottato una «decisione unanime» nonostante «visioni diverse», ma la sensazione è che si tratti di un artificio retorico per celare come nella pancia dell'istituto centrale, al di là della forma, sia in atto un confronto anche duro tra i membri, con le colombe evidentemente all'angolo. E con buona pace di Paesi indebitati come l'Italia, che vede lievitare il rendimento del suo Btp decennale a ridosso della soglia del 4% (significa che il Paese in futuro pagherà molto di più per finanziarsi). Questo nonostante il Tpi (o scudo antispread) sia «disponibile per contrastare dinamiche di mercato ingiustificate e disordinate». L'istituto, inoltre, ha ricordato che continuerà a reinvestire i titoli in scadenza dei programmi Paa e Pepp.

Attaccata da più fronti, come il collega americano Jerome Powell, per aver a lungo considerato transitoria la crescita dei prezzi, Lagarde si è scusata. «Abbiamo fatto degli errori nelle previsioni sull'inflazione, come tutte le istituzioni internazionali, perché è virtualmente impossibile prevedere e includere nei modelli il Covid, la guerra in Ucraina, il ricatto sull'energia». Una dinamica alimentata anche dalla perdita di valore dell'euro rispetto al dollaro (anche ieri al di sotto della parità a 0,997). Il deprezzamento, ha sostenuto la numero uno della Bce, ha aumentato «le pressioni sull'inflazione» attraverso l'import dell'energia in dollari.

La virata jumbo sui tassi della Bce ha lanciato in orbita i titoli bancari di Piazza Affari, con il listino principale a guadagnare lo 0,88 percento.

Lo spread si riduce a 223 punti, ma soprattutto perché è aumentato di più il rendimento del bund tedesco rispetto a quello del Btp. E, ora, con l'inasprimento delle condizioni finanziarie, si corre il rischio tempesta perfetta.

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