Bce alla svolta: cade il tabù inflazione

Lagarde: "Il 2% è anacronistico, bisogna cambiare". Ma la Germania promette battaglia

Bce alla svolta: cade il tabù inflazione

La rivoluzione non è un pranzo di gala, ma Christine Lagarde (nel tondo) apparecchia con cura la tavola per la svolta copernicana della Bce. Quella in cui l'inflazione non sarà più la sola stella polare attorno alla quale ruota la banca centrale. Così ieri, alla XXI conferenza «The Ecb and its Watchers» a Francoforte, la presidente dell'Eurotower ha preso il piccone con l'intento di abbattere l'architrave su cui è costruito l'istituto centrale europeo. L'ex capo del Fondo monetario parte da una constatazione che suona come un requiem per l'attuale sistema basato su un obiettivo di prezzi al di sotto o vicini al 2%: andava bene nel 2003, quando «la Bce stava cercando di affermare la propria credibilità e un'inflazione troppo alta era la principale preoccupazione». Ora, non più: «Nella situazione attuale di bassa inflazione, le preoccupazioni sono diverse e questo deve riflettersi nel nostro obiettivo d'inflazione». Il modello da mutuare è a portata di mano, essendo lo stesso appena varato dalla Federal Reserve: dal target d'inflazione classico, sostanzialmente rottamato, Jerome Powell ha spostato il focus sulla crescita dell'occupazione, affinché dai salari giunga la spinta necessaria per far risalire il carovita. Un nuovo corso piaciuto a Wall Street, ieri in rialzo dell'1,6% a un'ora dalla chiusura grazie a un segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, «ottimista» sulla possibilità di raggiungere un accordo tra dem e Casa Bianca sul nuovo piano di aiuti, ma che ha allargato la forbice monetaria fra Fed e Bce. La svolta per l'Eurotower è imposta quindi anche dai rischi di importare deflazione a causa dell'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro. Quella dell'ex capo del Fmi è poi la presa d'atto di come le meccaniche che avevano regolato l'operato delle banche centrali fino a prima della crisi dei mutui subprime del 2008 siano ormai state sostituite da un approccio più modulabile. Che da eterodosso ha finito per diventare il new normal. Indietro, non si torna. Dunque, di fronte alle crisi, «dobbiamo essere preparati». Un motivo in più per valutare «quale dovrebbe essere la cassetta degli attrezzi standard» facendo leva «su un forte consenso, concordato all'interno del consiglio direttivo e compreso dal pubblico». Qui Lagarde va a toccare il tasto più delicato. Con il board della Bce già sfilacciato sull'opportunità di aumentare la potenza del Pepp (il piano di acquisti per l'emergenza Covid), al punto che secondo Reuters i falchi avrebbero chiesto una «silenziosa» frenata nel ritmo dello shopping, è immaginabile cosa potrebbe accadere se, nell'ambito della revisione della Strategic Review, sul tavolo del consiglio approdasse la proposta di abbandonare l'obiettivo di inflazione. L'ex ministra gode di una larga maggioranza nel consiglio, verosimilmente la stessa di cui disponeva Mario Draghi, ma è il fuoco di sbarramento capeggiato dal numero uno della Buba, Jens Weidmann, potrebbe essere di ostacolo. Se la Lagarde ribadisce la necessità di mantenere espansiva la politica monetaria e quella fiscale, il ruvido Jens scalpita per tornare all'antico. Dando così ragione a chi è convinto che il banchiere tedesco non sia capace né di pensare fuori dagli schemi, nè di intraprendere azioni non convenzionali durante una tempesta.

Forse lo pensa anche Angela Merkel. Dopo avergli sbarrato la strada che portava allo scranno più alto dell'Eurotower, la Cancelliera vuole far digerire a Weidmann il Recovery Fund. Chissà se anche stavolta farà lo stesso.

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