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Bosch, allarme a Bari: a rischio 1.600 operai

Produzione crollata per le campagne anti-Diesel. L'azienda: "Fino al '27 la fabbrica non si tocca"

Bosch, allarme a Bari: a rischio 1.600 operai

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Da una parte proseguono le uscite incentivate dei lavoratori dagli stabilimenti italiani di Stellantis (toccherà a 24 impiegati di Atessa che si aggiungono ai quasi 3.600 degli altri siti); dall'altra c'è il rinnovato allarme a Bari: in bilico sono i posti di 1.575 addetti (già scesi da circa 1.700 attraverso bonus aziendali) dell'impianto Bosch che da sempre produce pompe per i motori Diesel. Denominatore comune all'origine di queste situazioni: la forzata transizione del settore automotive verso il «tutto elettrico» e, nel caso della multinazionale tedesca, le insistenti campagne euroambientaliste anti-Diesel che fanno di tutta l'erba un fascio, senza tenere conto degli sviluppi green delle tecnologie. A Modugno, alle porte di Bari, da tempo sono stati dichiarati 700 esuberi nella forza lavoro e, per cercare una soluzione, il quartier generale aveva deciso di occupare circa 200 di questi lavoratori nella produzione di e-bike. Ma la domanda non ha rispettato le aspettative, risultando inferiore del 50%, ed è così scattata la cassa integrazione per nove giorni ogni mese. All'incontro svoltosi ieri a Bari, presenti le istituzioni e i sindacati, l'azienda ha confermato quanto esposto nel piano presentato nel 2022, ovvero l'impegno a non dismettere lo stabilimento fino al 31 dicembre 2027.

I sindacati, qui uniti, chiedono al governo l'immediata convocazione di un tavolo di confronto e sollecitano «la politica a supportare l'industria in generale e, quindi, anche Bosch in questo delicato passaggio affinché non si consumi un ennesimo dramma sociale».

Sugli esuberi dichiarati anche nella fabbrica Stellantis di Atessa (Chieti) che produce furgoni, visitata di recente dall'ad Carlos Tavares, la Fiom ribadisce come il futuro «non può essere costruito attraverso incentivi all'esodo, ma tramite investimenti».

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