Dai cinesi ai nordafricani boom di imprese extra Ue: +13mila nonostante la crisi

Secondo un'indagine di Confesercenti oltre il 57% sono in Lombardia. Le aziende italiane sono invece calate di 24.500 unità

Gli immigrati resistono alla crisi economica. Nei primi nove mesi del 2012 le imprese individuali con titolari extracomunitari sono cresciute di 13mila unità, mentre le altre sono scese di 24.500. Secondo uno studio di Confesercenti, continua anche se a ritmi meno sostenuti la crescita delle imprese individuali con titolare straniero. In dieci anni il loro peso sul totale delle imprese è passato dal 2% a quasi il 9%, lo stock delle attività si è più che quintuplicato a dispetto di una contrazione tendenziale generale del 3%. Nel terzo trimestre 2012 le imprese individuali registrano un saldo positivo di 5 mila unità di cui l’85% è dato appunto da imprese di immigrati.

Nei primi nove mesi dell’anno, a un saldo positivo (tra iscrizioni e cessazioni) di 13mila imprese individuali con titolare immigrato ne corrisponde uno negativo di oltre 24,5mila unità per le restanti. Nel II trimestre 2012 le imprese individuali con titolare immigrato sono circa 300mila, rispetto allo stesso periodo dell’anno passato aumentano di 18mila, con una variazione tendenziale del +6,6% e una crescita del loro peso sul totale delle imprese individuali di più di mezzo punto percentuale. Oltre le imprese individuali si contano anche circa 120mila soci stranieri di società di persone. Le imprese gestite da stranieri producono circa il 5,7% della intera ricchezza del nostro paese. Mettendo a confronto il II trimestre 2011 e 2012, tassi di crescita sostenuti delle imprese immigrate si hanno in tutte le ripartizioni geografiche contrariamente a quanto avviane per imprese individuali in generale. Più del 57% delle imprese si concentra in cinque regioni: il 18,6% in Lombardia, il 10,5% in Toscana, il 9,7 circa in Emilia Romagna e Lazio e l’8,6 in Veneto. Gli imprenditori e i lavoratori immigrati non sono coinvolti in maniera uniforme nelle diverse aree geografiche. Nel Nord si concentrano gli autonomi attivi nell’artigianato e i lavoratori dipendenti dalle imprese, in particolare nel comparto metalmeccanico, nel Centro il settore domestico, quello dell’edilizia e il comparto tessile e abbigliamento sono i più "internazional", al Sud, almeno in termini relativi, commercio e lavoro agricolo sono i settori di riferimento per gli immigrati. Scendendo più nel dettaglio del peso delle imprese immigrate sul totale delle imprese per provincia lo studio della Confesercenti segnala Prato, dove il 37% delle imprese individuali sono straniere, Milano (il 19%), Firenze (il 17%), Reggio Emilia e Trieste.

Il 16% degli imprenditori stranieri si concentra a Roma e Milano. Il 44% delle imprese individuali straniere svolge attività di commercio, un altro 26% è nel settore delle costruzioni e un 10% nella manifattura. L’80% delle ditte si concentra quindi in soli tre comparti, dove anche la crescita malgrado la crisi è stata sostenuta. Un +7,3% per le imprese del commercio, + 3% per le imprese edili, e +3,6% per la manifattura (in generale le imprese individuali negli stessi comparti registrano variazioni negative rispettivamente del -0.5%, -1.3% e -2.2%). Da evidenziare anche il comparto dei pubblici esercizi dove le imprese con titolare immigrato crescono di 8.667 unità in un anno, pari a un 11% in più. Con oltre 98mila attività il serbatoio principale dell’imprenditoria immigrata è l’Africa. Il Marocco è in testa alla classifica con 57mila imprese (cresciute in un anno del 7%) a grande distanza seguono il Senegal (15.851), l’Egitto (1.3023) e la Tunisia (12.348). Gli imprenditori marocchini e senegalesi sono particolarmente dediti all’attività di vendita al dettaglio, gli egiziani alla somministrazione di alimenti e i tunisini nel comparto edile. I cinesi si collocano al secondo posto per numero di attività (41.623 e una crescita del 6% tra gennaio-giugno 2011- 2012) prediligendo il comparto della ristorazione e dell’abbigliamento. Al terzo posto le oltre 30 mila imprese albanesi principalmente attive nell’edilizia.

Anche la Romania, ha numeri importanti conta infatti oltre 43 mila imprese (di cui oltre il 70% impegnate nell’edilizia). Dalla ripartizione delle collettività per settori emerge un’imprenditorialità fortemente concentrata in specifici ambiti produttivi e un meccanismo di specializzazione etnica.

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