Camilla ContiLa tempesta perfetta che si è abbattuta sui titoli bancari all'inizio della settimana sembra essersi presa una pausa, sebbene non per tutti. Al netto delle macerie lasciate nelle tasche degli azionisti travolti dalle vendite, lo scossone borsistico ha avuto l'effetto di mettere sotto «stress» gli istituti di credito nostrano testando la loro tenuta - reale o per lo meno percepita dagli operatori di mercato in caso di allarme rosso su sofferenze e patrimonio.Insomma, quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Ma chi sono i «duri» del sistema? Il verdetto della Borsa pare unanime: Intesa Sanpaolo oggi è la banca più sana e dalle spalle più larghe, tanto da essere invocata anche come regista di future aggregazioni. Lo si vede facendo la conta dei danni in Borsa: il 22 gennaio le azioni Intesa valevano 2,71 euro, ovvero il 6,77% in più rispetto a due giorni prima. Certo, anche la big guidata da Carlo Messina ha sofferto in Piazza Affari: da venerdì 15 gennaio al 22 ha perso il 3,14%, da inizio anno il 12,1 e fra il 15 e il 20 gennaio ovvero il momento di panico in Borsa il 9,2 per cento. Ma tutte le altre banche si sono fatte molto più male: sempre nelle sedute fra il 15 e il 20, Mps ha ceduto il 43,2%, Carige il 32,3%, Banco Popolare il 22,1%. Unicredit ha visto andare in fumo il 15,73% del proprio valore (-22,2% da inizio anno con un +7,77% di rimbalzo nelle ultime due sedute).Il Monte ha recuperato in soli due giorni il 47% e ora capitalizza 2,2 miliardi, 700 milioni in più di mercoledì ma comunque 1,4 miliardi in meno di inizio anno. Le ossa senesi continuano, insomma, ad essere rotte finché non arriverà il soccorso di un cavaliere bianco. Resta ancora malandata Carige con un 38,5% del valore perso da inizio anno e un rimbalzo del 21,2% (ma venerdì ha chiuso in calo del 6,6%). Confermandosi, insieme a Siena, l'osservata speciale del listino.Dopo un rapido sondaggio fra gestori che hanno già fatto partire il cosiddetto «stock picking», ovvero la selezione dei titoli migliori da inserire in portafoglio, quasi tutti consigliano prudenza sul Banco Popolare mentre, sul fronte della solidità, sono considerati attraenti Credem (-12,5% da inizio anno ma nelle ultime due sedute ha recuperato il 7,7%) e Popolare di Sondrio (ha ripreso il 6,12% in due giornate). Restano poi interessanti Bpm - vista come il vero polo aggregante delle popolari - con Ubi (ma solo se non si sposerà con Mps, sottolineano i gestori sperando che le voci degli ultimi giorni su una possibile fusione a tre con Bpm siano smentite dai fatti) e Bper.Il Credit Suisse ha invece analizzato la bad bank al centro delle trattative fra governo e Commissione Ue. Il prezzo di cessione dei crediti in sofferenza dovrebbe attestarsi al 20-30% del nominale a fronte di livelli di copertura medi del 56,5% nel settore: 40-50% per le piccole banche e 60-65% per Intesa, Unicredit e Mps. Prendendo in considerazione l'intero portafoglio di non performing loan delle banche italiane pari a 200 miliardi e assumendo un taglio medio del 75%, i broker svizzeri calcolano ulteriori accantonamenti per 37 miliardi.
Quanto alle singole banche, considerando le sofferenze e gli accantonamenti previsti al terzo trimestre 2015: per Intesa (38,9 miliardi di npl) le perdite addizionali sarebbero 4,7 miliardi, per Unicredit (50,6 miliardi di npl ) 6,8 miliardi, per Mps (26 miliardi di npl) 2,8 miliardi, per Ubi (6,9 miliardi) 2,5 miliardi, e per il Banco Popolare (10,9 miliardi) 3,6 miliardi, per Bpm (3,3 miliardi) 677 milioni di perdite addizionali. Quindi «le banche con più alti non performing loans ratio, come Mps rischiano di essere pressate di più a scaricare i crediti deteriorati».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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