La "beffa" in busta paga. Scatta l'allarme sulla Cig: l'Inps non anticipa il 40%

L’Inps non anticiperà più il 40% della cassa integrazione. Intanto, i ritardi si moltiplicano. Migliaia di lavoratori ancora in attesa della cig di maggio

La "beffa" in busta paga. Scatta l'allarme sulla Cig: l'Inps non anticipa il 40%

"La cassa integrazione arriverà entro un mese", prometteva il premier Giuseppe Conte. "Abbiamo pagato in 45-60 giorni, in epoca pre-Covid ci volevano mesi: la coda era necessaria e fisiologica", si è difeso Pasquale Tridico, in video audizione con la Camera alla vigilia di Ferragosto per rispondere sui deputati che hanno preso il bonus da 600 euro in marzo e aprile. A giudicare dall’entità delle giacenze, molti lavoratori però sono andati ben oltre i 60 giorni. E questo è un problema.

La cassa integrazione Covid fa acqua da tutte le parti. I ritardi nell’erogazione del fondo si moltiplicano. Restano ancora 102mila dipendenti senza la Cig di maggio. A cui si aggiungono oltre mezzo milione di giugno e luglio. Totale: quasi 642mila pagamenti in sospeso. Un numero che fa letteralmente impallidire se si tiene conto delle belle parole spese dal governo in queste settimane. A questo caos si aggiunge però, come se non bastasse, un’altra questione. Nel decreto Agosto si vede scomparire la cosiddetta "corsia veloce" per le nuove 18 settimane di cassa integrazione. La procedura sprint introdotta col decreto Rilancio di maggio (che prevedeva il 40% di cig anticipata subito dall’Inps) non è richiamata in modo esplicito dal nuovo provvedimento.

Il dl Agosto non riconferma l’iter veloce per la Cig e questo aspetto complica la situazione. Il Parlamento certo può intervenire e correggere o completare la norma, quando riaprirà il 24 agosto. Anche il Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, si appresta a uscire con un documento per chiedere a governo, Parlamento e Istituto di semplificare l’iter della Cig Covid.

C’è poi la faccenda delle richieste in sospeso, che riguarda cioè quelle domande che l’Inps non ha né accettato, né respinto, né annullato, ma semplicemente in attesa di essere esaminate. Se l’istituto di previdenza non autorizza o boccia la domanda, l’impresa resta nel limbo. Non può inviare il documento con gli Iban né ripresentare l’istanza. Anche in questo caso i dati, stando a quanto scrive Repubblica, sono preoccupanti. Si contano 151mila domande in giacenza, per un totale di oltre 2 milioni di beneficiari, in base a una proporzione della stessa Inps (ogni domanda riguarda più di un lavoratore). Fatte le somme, l’Inps deve ancora staccare 2,6 milioni di assegni: non si tratta esattamente di 2,6 milioni di lavoratori perché in molti casi a uno stesso lavoratore spetta più di una mensilità di cassa.

Un numero importante di persone, in soldoni, è ancora senza cassa integrazione. Intanto, le imprese ancora in crisi cercano di adeguarsi alle nuove regole. Chi ha già usato le prime 18 settimane autorizzate dai decreti Cura Italia e Rilancio ora può attaccarne altre 18: dal 13 luglio al 31 dicembre e nel frattempo non può licenziare. Se non ha usato tutte le prime 18, ne ha a disposizione altre 18: dal 13 luglio i conti del passato si azzerano. Le prime 9 settimane di questo secondo pacchetto sono per tutti a prescindere dal fatturato. Per attivare le restanti 9 si pagherà invece un "ticket".

La situazione economica italiana resta molto fragile.

Le preoccupazioni per un nuovo lockdown compaiono all’orizzonte e il governo giallorosso sembra incapace di rispondere alle esigenze di lavoratori e imprese. La Cig, come si era campito da tempo, con queste modalità non funziona. Ma il governo sembra far spallucce. Come suo solito. In barba a migliaia di famiglie in difficoltà.

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