C'è una finanza che fa poco rumore ma che è utile e potrebbe esserlo in misura ancora maggiore. Parlo dei minibond, ovvero quei titoli di debito che vengono collocati da soggetti non finanziari e, per lo più, si tratta di piccole e medie imprese (sono due terzi degli emittenti secondo il report prodotto dal Politecnico di Milano). Le quali utilizzano questa formula per raccogliere capitali sul mercato invece di cercare prestiti rivolgendosi alle banche che non sono particolarmente sensibili alle richieste di questi imprenditori. Soprattutto oggi con algoritmi e regolamenti che fungono da barriere più che passaggi a livello aperti.
È chiaro che non è facile per i minibond trovare un posto al sole in un'Italia bancocentrica. Eppure, questo volto innovativo della finanza avrebbe diverse frecce al proprio arco per essere apprezzato dal mercato. La sua affermazione darebbe una scossa nell'incontro tra l'esigenza delle pmi di essere più competitive e una platea di investitori illuminati che certo non manca. Tuttavia questa opportunità è ancora poco compresa. Probabilmente nel gap incide un'informazione debole e perciò un livello di conoscenza contenuto. In ogni caso, rispetto a due anni fa, quando si è registrato un rallentamento del ricorso a questo strumento finanziario, per questo 2025 dopo il risveglio dell'anno passato sempre secondo le previsioni del report del Politecnico, i risultati attesi sono buoni e con un trend positivo.
Dunque, c'è una finanza "altra" che bussa per farsi preferire, che non è l'Italia che poggia solo sul credito bancario, che guarda con simpatia e, ovviamente interesse, alle espressioni più ambiziose e dinamiche dell'economia reale. A quelle pmi che dimostrano di familiarizzare sempre più con il verbo crescere.www.pompeolocatelli.it