Il pallino di Rcs passa alle banche

Ora l'aumento di capitale da 200 milioni dipende dal verdetto degli istituti sul piano industriale

Camilla Conti«L'aumento di capitale non è inevitabile», ha assicurato in assemblea mercoledì scorso il neo ad di Rcs, Laura Cioli, dopo avere ottenuto la delega dei soci sulla ricapitalizzazione da 200 milioni fino al 30 giugno del 2017. Ma a decidere il futuro del gruppo editoriale non saranno i manager, saranno le banche. Perchè il pallino dell'aumento - e quindi la decisione sulla necessità di «chiamarlo» o meno - è in mano ai sei grandi creditori ovvero Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mediobanca, Ubi, Bpm, Bnp-Bnl. Di queste, Mediobanca e Intesa sono ancora azioniste rispettivamente con il 6,25% e il 4,17 per cento. Gli istituti stanno aspettando di vedere il compito preparato dal successore di Pietro Scott Jovane, prima di concedere la tregua sul debito salito a fine settembre a quota mezzo miliardo. Il nuovo piano industriale, approvato ieri dal board, sarà probabilmente inviato agli istituti prima della presentazione al mercato fissata per lunedì 21 dicembre. E quindi solo se sarà convincente potrà sbloccarsi il cosiddetto accordo di «stand still» che scade dopo dicembre proprio per consentire al nuovo cda di presentare il business plan. «Non so cosa c'è nel piano, aspettiamo di vederlo e di incontrare i vertici per tornare sul tema della ristrutturazione del debito», ha detto giovedì l'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni. La Cioli si è limitata ad anticipare una strategia «di rilancio e razionalizzazione» aperta a eventuali alleanze in «aree in cui intravediamo delle opportunità di sviluppo internazionale». In realtà il margine di manovra è assai limitato: dopo la cessione dei Libri alla Mondadori, di asset da vendere ne sono rimasti pochi. Per le attività televisive in Spagna di Veo, valutate attorno ai 50 milioni, «ci sono manifestazioni di interesse», ha detto l'ad. A Madrid il gruppo potrebbe giocare una carta ancora più alta - in termini di incassi - mettendo sul mercato tutto il gruppo Unidad Editorial che oltre a controllate Veo pubblica anche il quotidiano generalista El Mundo, quello sportivo Marca e quello economico Expansiòn e che a settembre faceva registrare quasi 52 milioni di euro di perdite.Se si arrivasse alla vendita di Unidad, in pancia a Rcs rimarrebbe però solo il Corriere della Sera: i Libri sono stati venduti, le radio idem e ricordiamo anche che la testata della Gazzetta dello Sport è ancora di proprietà della famiglia Bonacossa (Rcs ne ha solo al gestione editoriale). Uno svuotamento degli asset farebbe uscire il gruppo dal tunnel dei debiti evitando di ricorrere alla ricapitalizzazione, sgradita anche agli altri soci, dalla Fca degli Agnelli a Diego Della Valle passando per Unipol, Cairo e Rotelli. Ma nel medio periodo avrebbe un impatto sul governo societario accorciando le distanze fra la direzione di via Solferino e gli azionisti. Se il rilancio «made in Cioli» fallisse, le alternative però sono poche.

O si trova un cavaliere bianco dalle tasche piene di liquidità che investa nella Rizzoli (e la ricerca pare già partita da settimane) oppure si potrebbe arrivare alla conversione in capitale di parte dei crediti oggi in capo alle banche. E con questi chiari di luna sulla fiducia fra sistema creditizio e risparmiatori, essere padroni del Corriere potrebbe tornare utile.

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