Colpo di scena. Quando sembrava essere stata trovata la quadra sul complesso risanamento del Monte dei Paschi, alla vigilia del cda senese e dei risultati degli stress test, spunta a sorpresa un nuovo attore: l'ex ad di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera. Che dopo essersi dato (con scarso successo) alla politica tornerebbe così al primo amore. Ovvero la banca. In due lettere consegnate ieri ai vertici del Monte, che verranno formalizzate oggi, l'ex banchiere ha anticipato la proposta di rilancio alternativa al piano già spedito alla Bce che prevedeva una soluzione finanziata da capitali privati oltre alla cartolarizzazione di 27 miliardi di sofferenze lorde sostenuta dal fondo Atlante. «Il cda - si legge in una nota di Mps - ha prontamente avviato una serie di approfondimenti propedeutici ad analizzare in dettaglio il contenuto delle lettere richiedendo una serie di chiarimenti, dati e informazioni indispensabili al fine di valutare compiutamente i termini e le condizioni delle proposte ricevute. Ad esito di tale attività informerà in mercato». In questa «scalata» inattesa, Passera ha bussato alla porta del colosso svizzero Ubs, peraltro advisor da anni di Mps, che con un'altra lettera ha annunciato l'eventuale supporto finanziario all'operazione. La proposta di piano industriale sarebbe stata sottoposta al top manager dell'istituto svizzero, Andrea Orcel, nelle ultime settimane. Orcel conosceva bene Mps ancor prima di arrivare a Zurigo. Il suo nome per i senesi resta infatti legato al peccato originale di Antonveneta: fu lui, quando ancora era presidente della divisione global markets & investment banking nella sede londinese di Merrill Lynch, il regista dello spezzatino di Abn Amro che consegnò la banca padovana al Banco Santander e poi nel 2007 al Monte di cui infatti Merrill diventò advisor subito dopo l'annuncio del blitz.
Corsi e ricorsi storici a parte, Morgan Stanley, Unicredit e Intesa (queste ultime due partecipano già al fondo Atlante) si sarebbero sfilate dall'aumento di capitale da 4-5 miliardi rifiutandosi di partecipare al consorzio di garanzia guidato dal tandem Jp Morgan-Mediobanca. Intanto, per la prima volta nella sua storia la Fondazione Mps potrebbe non partecipare all'aumento di capitale di Monte Paschi, di cui resterà comunque azionista con una quota simbolica (oggi ha l'1,49%). Lo scorso 21 luglio l'ente ha deliberato la modifica dei documenti di programmazione pluriennale ed annuale per consentire una maggiore flessibilità di azione alla deputazione amministratrice, «in relazione a eventuali operazioni strategiche riguardanti la conferitaria» e «alla luce dei recenti eventi inerenti la banca Mps». Proprio le modifiche stabilite consentirebbero un margine di manovra maggiore in vista della ricapitalizzazione. Se l'aumento fosse di 5 miliardi, l'ente dovrebbe sborsarne circa 75 milioni. Rischiando di finire come in passato sull'orlo del fallimento: per sostenere Rocca Salimbeni nell'acquisto di Antonveneta, il patrimonio della Fondazione è crollato dai 5,7 miliardi del 2008 ai 450 milioni del 2015. Ora l'ente guidato da Marcello Clarich dovrà nominare un advisor finanziario che non potrà però essere quello utilizzato in occasione dell'aumento di capitale dello scorso anno, Fonspa, impegnata nell'operazione di dismissione delle sofferenze della banca con il fondo Atlante.
Proprio ieri Quaestio, l'sgr che gestisce Atlante, ha stretto un accordo con Credito Fondiario per i servizi di due diligence e master servicer nelle operazioni sulle sofferenze bancarie.
E «al fine di evitare conflitti di interesse, Credito Fondiario non potrà agire come Special Servicer, né come investitore, se non previa autorizzazione da parte di Quaestio, nelle operazioni di Atlante», si legge in una nota.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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