Economia

Pensioni, il governo dovrà rimborsare 3000 euro a pensionato

Lunedì il nodo pensioni arriva in Consiglio dei ministri, ma la sentenza della Consulta costa allo Stato 3mila euro a pensionato per gli arretrati e 1229 euro in più dal 2015

Pensionati in attesa in un ufficio dell'Inps
Pensionati in attesa in un ufficio dell'Inps

"Il governo discuterà delle possibili misure sulle pensioni al consiglio dei ministri di lunedì 18 maggio". A tracciare la road map dell'esecutivo è il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a margine dell’assemblea della Bers a Tiblisi. Il governo dovrà trovare una soluzione a un buco nero che minaccia seriamente la tenuta dei conti pubblici. L'Ufficio parlamentare di bilancio ha, infatti, calcolato l'assegno extra che i pensionati potrebbero incassare grazie alla sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il blocco delle indicizzazioni per il biennio 2012 e 2013. E non è certo una bella notizia.

Nelle tasche dei titolari di assegni tra i 1400 e i 1900 euro arriverebbero circa 3000. Dal 2015, poi, la pensione aumenterebbe di 1229 euro all'anno. Cifre che salgono fino a 3800 euro con gli assegni tra 2000 e 2500 euro con incrementi di 1547 all'anno e dino a 7000 euro per gli assegni sopra i 4000 che sarebbero aumentati di 2831 l'anno.

Se gli arretrati da restituire, in seguito alla sblocco delle pensioni, fossero considerati una tantum non andrebbero a pesare sui saldi strutturali e, di conseguenza, per l’Italia dovrebbe essere più facile ottenere l’ok dall’Europa. Nel rapporto sulla programmazione di bilancio del 2015, l'Ufficio parlamentare di bilancio ricorda che "vi sono precedenti di effetti di sentenza trattati come una tantum". Secondo l’Upb gli arretrati che vanno dal 2012 alla pubblicazione della sentenza emessa dalla Consulta (quindi includendo i primi 4 mesi di quest’anno), sarebbero da considerare una tantum, mentre solo le somme da erogare nei rimanenti 8 mesi del 2015 dovrebbero incidere sul saldo strutturale. E solo dal prossimo anno l’intero impatto di adeguamento andrebbe a pesare sul saldo strutturale.

La classificazione di una posta di bilancio come una tantum, ricorda l’Upb, "deve essere motivata dallo stato membro e accettata dalla Commissione Ue". Questa categoria "non è soggetta nei regolamenti europei e nei codici di condotta ad una elencazione tassativa ma meramente esplicativa" e include effetti di "natura transitoria, derivanti da fattori imprevisti o da misure finalizzate a conseguire effetti positivi di carattere temporaneo". Secondo l’Upb nella valutazione della Commissione Ue dovrebbe essere considerata "l'eccezionalità, la temporaneità e l’entità del superamento del limite". L’Ufficio segnala che "l’eventuale superamento della soglia del 3% potrebbe pregiudicare l’utilizzazione della clausola per le riforme strutturali".

Inoltre, in assenza di misure compensative, le somme che incidono sul saldo strutturale "potrebbe implicare un miglioramento del disavanzo strutturale inferiore a 0,25 punti percentuali", previsto dal Def e richiesto dalle regole Ue. Negli anni successivi, l’inclusione degli oneri a regime nei tendenziali di finanza pubblica "implicherebbe una riduzione dello spazio a disposizione, per la disattivazione dell’aumento delle aliquote Iva e delle altre clausole di salvaguardia". L’operatività della sentenza sembrerebbe quindi richiedere "una ricomposizione delle misure preannunciate" per poter centrare gli obiettivi programmatici.

Le cifre snocciolate dall'Upb, però, rispecchiano solo lo "scenario peggiore", quello cioè che ripristina la normativa precedente alla riforma Fornero.

L'ipotesi è stata fermamente smentita dal governo che ha detto in più occasioni che è impossibile risarcire tutti.

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