Economia

Sale la spesa per gli interessi sui Btp: un macigno per il 2023

Il rendimento dei Btp si sta avvicinando al 5% ossia più di 9 miliardi di euro, lo Spread ieri è salito sopra i 250 punti base

Sale la spesa per gli interessi sui Btp: un macigno per il 2023

Il rendimento dei titoli di Stato sta lanciando segnali di allarme. Il 28 settembre ha sfiorato i 5 punti percentuali per poi assestarsi al 4,58%. Se si guarda indietro si possono osservare tassi di tutt’altra consistenza: 0,7% un anno fa e il 2% ad aprile. Già a giugno la situazione si è riscaldata, con remunerazioni vicine al 4%.

Le percentuali hanno il demerito di non restituire prospettive immediate: in termini finanziari l’aumento degli interessi causa, per il solo 2022, una maggiore spesa di circa 9,2 miliardi di euro, 7 miliardi dei quali a carico dei Btp indicizzati all’inflazione.

La spesa per gli interessi

Le politiche monetarie della Banca centrale europea (Bce) che hanno aumentato i tassi direttori dell’1,25% ha una ricaduta su tutti: mutui più costosi, prestiti più onerosi per imprese e famiglie e, non da ultimo, anche un aumento dei tassi di remunerazione dei titoli di Stato il cui costo, ancora una volta, ricade su tutta la Nazione. 9,2 miliardi di euro che entreranno nelle tasche di chi possiede Btp e che non potranno essere usati altrimenti. Certo, c’è tutta un’economia che ruota attorno ai Btp e chi li compra deve essere remunerato perché dà denaro e fiducia allo Stato.

Ad aggravare la situazione c’è il differenziale tra il rendimento dei Btp decennali e i titoli tedeschi, i Bund. Differenziale noto con il nome di spread e che ieri è salito sopra i 250 punti base. Per meglio inquadrare la situazione va detto che il differenziale a 2 anni è salito da 100 a 135 punti. Osservare il differenziale sul corto periodo ha una sua spiegazione, perché rappresenta la capacità di uno Stato di rifinanziarsi sul breve termine ed è un parametro caro alla Bce che applica politiche monetarie a bocconi, convinta che muoversi a piccoli passi sia più costruttivo.

Va sottolineato che il rendimento dei Bund è salito, e questo ha di fatto impedito allo spread di schizzare ulteriormente verso l’alto ma per avere un quadro più chiaro sarà necessario attendere i primi giorni di ottobre quando, rispettando la cadenza bimensile, la Bce pubblicherà i dati relativi agli acquisti di nuovi titoli e quelli relativi ai titoli di Stato di cui è maturata la scadenza. Sarà quindi possibile sapere se l’Eurotower ha continuato con la marcia ingranata a giugno e a luglio, quando ha acquistato Btp per 10 miliardi e ha rinunciato a rinnovare titoli tedeschi per 15 miliardi e questo darà un quadro più definito delle politiche Bce e dell’andamento dello spread.

Un macigno in più

La Nadef ha aperto il dibattito, comunicando che i rendimenti dei titoli di Stato avranno un peso sul Pil a partire dal 2023 stimato in ragione del 4%, ovvero mezzo punto percentuale in più del 3,5% preventivato. Se questo è un peso sulle spalle di molti Paesi, l’Italia parte con lo storico handicap del debito pubblico che, a fine anno, sarà del 145,4%.

L'asta dei Bot del 28 settembre ha mostrato tassi dell’1,978% contro lo 0,815% di agosto. L’aumento delle remunerazioni è quindi conclamato come andamento del prossimo futuro e questo riduce lo spazio a ogni forma di ottimismo.

E se, come sostengono gli analisti, a Francoforte sul Meno si deciderà di alzare i tassi di altri 75 punti base (lo 0,75% in più), essere ottimisti diventerà un lusso per pochi.

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