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Rischio "shrinkflation": cosa si nasconde tra i banchi del supermercato

Le aziende abbattono i costi riducendo la quantità di prodotto presente nelle confezioni, mantenendo invariato il prezzo

Rischio "shrinkflation": cosa si nasconde tra i banchi del supermercato

Prima la pandemia, ora la guerra in Ucraina: l’effetto dell’inflazione si fa sentire sul costo di ogni singolo prodotto che mettiamo nel carrello. Ma oltre al rialzo dei prezzi oggi c’è anche un altro fenomeno. Meno palese, forse. Ma che pesa allo stesso modo sulle tasche dei consumatori. In inglese si chiama shrinkflation.

Letteralmente, meno prodotto allo stesso prezzo. È una strategia di marketing con cui le aziende cercano di far fronte all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, senza dover (all’apparenza) aumentare i prezzi e di conseguenza perdere clienti. I consumatori poco attenti, in effetti, nemmeno se ne accorgono. Generalmente si tende a comprare sempre gli stessi prodotti con gesti abituali e automatici, senza nemmeno leggere più le etichette. Anche perché la differenza rispetto al passato è minima. Ed è difficile da notare per i non addetti ai lavori. Un tubetto di dentifricio che prima conteneva 75 ml, ad esempio, ora ne contiene 65. Le mozzarelle che venivano vendute in confezioni da 125 grammi oggi sono impacchettate nel formato da 100. Ma il prezzo, in entrambi i casi, resta identico. "Si tratta di un'inflazione mascherata", spiega a ilGiornale.it Simone Baldelli, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori. È chiaro, insomma, che si tratti di un aumento a tutti gli effetti eppure, precisa il deputato di Forza Italia, "non c’è nulla di illecito finché i grammi di prodotto vengono indicati chiaramente sulla confezione". È proprio questo il centro dell’indagine dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, che, come ha riferito alla stessa commissione presieduta da Baldelli il direttore generale per la tutela del consumatore, Giovanni Calabrò, "sta monitorando il fenomeno" per "verificare se possa avere rilevanza ai fini dell' applicazione del Codice del Consumo, con particolare riferimento alla disciplina in materia di pratiche commerciali scorrette".

Intanto, facendo una rapida perlustrazione tra le corsie di un qualunque supermercato, le differenze di grammatura saltano all’occhio quasi ovunque. “Basta aprire una bottiglia di detersivo per vedere che il liquido arriva a un'altezza inferiore. Spesso mancano almeno 200 ml di prodotto. E questo fenomeno non nasce oggi con la guerra, ma c’è già da alcuni anni”, ci spiega una commessa. “C’è sempre meno prodotto – aggiunge – e il prezzo resta uguale: anche quando fanno le offerte il quantitativo si riduce sempre di più, insomma ti illudi di pagare meno, ma in realtà la fregatura è assicurata”.

“Prendiamo il caffè, di solito è in confezioni da 250 grammi ma quando ne mettono due ad un prezzo speciale casualmente il singolo pacchetto ne pesa 225: altro che shrinkflation, questo è un inganno bello e buono”, denuncia a ilGiornale.it Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale dei Consumatori che ha presentato un esposto alle autorità competenti per indagare su questa pratica commerciale. L’avvocato-influencer che mette in guardia i cittadini con stories e reel postate su Instagram e Tik Tok dispensa consigli per evitare gli imbrogli: “È bene preferire quei prodotti che mantengono onestamente il contenuto originale o, in alternativa, quelli che in modo trasparente dichiarano di avere sottratto qualche grammo, indicandolo chiaramente in etichetta”. Il consumatore, in ultima analisi, deve essere consapevole di ciò che compra, anche perché la shrinkflation ormai “è un fenomeno che riguarda tutti i tipi di prodotto, dai biscotti ai cornflakes, dai detersivi ai bagnoschiuma, e che è molto diffuso sia tra i grandi brand, sia tra le marche private”, sottolinea il presidente dell’Unione consumatori. Per porre un argine al problema, Dona invita a guardare a ciò che avviene a Berlino: “In Germania c'è una legge che prevede che il pacco non possa essere più grande del 30 per cento del prodotto contenuto, e cioè che non si possa vendere più del 30 per cento d’aria”.

“Non siamo la Russia degli anni ’80 e quindi lo Stato non può fissare i prezzi dei prodotti e non abbiamo modo di impedire ai produttori di ridurre le quantità da mettere in commercio se l’etichettatura è corretta”, spiega ancora Baldelli. L’inflazione, sia quella palese sia quella “mascherata”, come nel caso della shrinkflation, ormai è un fatto, continua il ragionamento del deputato.

E quindi bisogna intervenire su due fronti: “Tutelare i cittadini vigilando sulla trasparenza e cercare di abbassare i costi per le aziende, come ad esempio quelli legati all’energia”. “Il governo – conclude – ha già fatto sforzi significativi in questo senso, e probabilmente senza questi interventi le ricadute sarebbero ancora maggiori”.

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