Sempre più persone si informano con i social e con l’AI. Ma che succederà quando l’AI si informerà con l’AI?

Tra reel falsi, deepfake e chatbot usati come fonti, la realtà online si sfalda. L’AI domina l’informazione, ma genera disinformazione. E la domanda resta: chi controllerà chi controlla l’AI?

Sempre più persone si informano con i social e con l’AI. Ma che succederà quando l’AI si informerà con l’AI?
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Apro Instagram: un reel afferma che “la Russia ha scoperto il vaccino anticancro”. Un altro mostra “il portale quantico dell’universo”. Un terzo spiega che basta bere acqua “vibrata” per espellere i tumori. Per non parlare delle interviste a politici o ospiti tv che dicono cose che non hanno mai detto, come i deepfake: io riguardo distrattamente e finisco sempre per prendere per veri quelli falsi e per falsi quelli veri e infine chi se ne frega. Tuttavia a livello generale chi se ne frega mica tanto.

È l’effetto collaterale di quello che gli americani ora chiamano “slope”, lo scivolamento graduale dell’attenzione, dell’affidabilità e della realtà stessa. Da un lato i social che ti “sloppano” in un flusso infinito di video generati da intelligenze artificiali, dall’altro un pubblico che non distingue più ciò che è reale da ciò che è plausibile.

Il Digital News Report 2025 del Reuters Institute mostra che il 7 % delle persone nel mondo usa ogni settimana chatbot come fonte diretta di notizie, e la percentuale sale al 15 % tra gli under 25 (Reuters Institute / Ring Publishing, 2025). È un dato che racconta un’abitudine: la curiosità immediata vince sulla verifica (quale utente, se non uno davvero interessato, ha voglia di andare a verificare?).

Nel frattempo i social sono diventati il nuovo campo di battaglia non tanto dell’informazione, piuttosto della disinformazione. Il World Economic Forum, nel Global Risks Report 2025, descrive la “AI-enabled disinformation” come una delle principali minacce alla stabilità mondiale. Non mi riferisco alle domande poste a ChatGPT (anzi, vi dirò: meglio beccarsi ogni tanto un’allucinazione di ChatGPT che leggersi una bufala complottista, andarla a diffondere in giro e diventare uno di quelli del Non Ce Lo Dicono che però sa tutto perché “l’ho letto su internet”). I video manipolati e i contenuti generati da bot non sono più un problema tecnico, sono una questione geopolitica, parte integrante della cosiddetta guerra ibrida, che non si combatte più (non in Europa) con i carri armati ma con le notifiche, la propaganda travestita da informazione.

Tra l’altro entra in campo anche Google, ancora non ho capito se si sta dando la zappa sui piedi digitali o meno. Da ottobre 2025 ha introdotto AI Mode nel motore di ricerca: l’utente può chiedere direttamente all’intelligenza artificiale invece di cliccare sui siti. Il sistema scompone le domande in sotto-query e restituisce risposte sintetiche, con un paio di link di contorno giusto per non far morire del tutto il Web.

Come se non bastasse, Google ha firmato un accordo con l’Associated Press per integrare notizie aggiornate direttamente nel feed di Gemini, così da ridurre (parole loro) “l’abisso tra AI e giornalismo verificato”. Detta in soldoni: sempre meno persone andranno a cliccare sul sito di un giornale o un blog che campano di pubblicità.

Inoltre secondo Reuters e EY, le aziende che hanno implementato sistemi di AI nei processi decisionali hanno perso oltre 4,4 miliardi di dollari solo nel 2025, tra errori, bias e costi di supervisione umana. L’intelligenza artificiale si corregge da sola e sbaglia di nuovo, un ciclo di autoconferme che suona familiare anche a livello umano. Il GIJN osserva che la maggior parte degli utenti sa che l’AI può allucinare o mentire, ma continua comunque a usarla senza controllare. Tipo fidarsi ciecamente di un ubriaco alla guida perché parla con sicurezza. Di contro la pubblicità artificiale comincia a cedere: Business Insider rileva un calo a doppia cifra nel coinvolgimento dei virtual influencer, quei manichini digitali troppo perfetti per interessare davvero (tanto tra poco non li riconosceremo più da una persona reale, questione di tempo, pochissimo).

Insomma, che dire? Mi torna sempre in mente il mitico video di Steve Jobs che annunciava il primo iPhone: la rivoluzione, basta pennini, “ora usiamo il dito”.

Oggi quel dito scorre sui reel, apre portali quantici, vede Freddie Mercury con denti sbagliati che canta Shape of You, e ci crede vero. Sempre più persone si informano con i social e con l’AI. Ma, domando, cosa succederà quando l’AI si informerà con l’AI perché avrà distrutto tutte le altre fonti attendibili?

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