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"Eravamo i soli a dire che l'elettrico non va. Ora chiari i danni Ue"

L'assessore Guido Guidesi è soddisfatto della retromarcia. Ma vuole "regole chiare per la nostra industria"

"Eravamo i soli a dire che l'elettrico non va. Ora chiari i danni Ue"
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Un passo indietro che non basta a salvare l'industria dell'automotive. Ma la retromarcia sullo stop ai motori termici dal 2035 apre "una grandissima occasione per la politica che non deve lasciare tutto in mano a tecnici e burocrati" secondo l'assessore della Lombardia allo Sviluppo economico, il leghista Guido Guidesi che auspica ulteriori correttivi dagli Stati e dal Parlamento europeo. Da presidente dell'alleanza delle Regioni sull'automotive, Guidesi è riuscito a portare sempre più territori a sposare la tesi della neutralità tecnologica. Nel mentre, però, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha stravolto tutti gli schemi: "I dazi rispondono a un'esigenza contabile, non a una guerra commerciale. Ma non funzionano nemmeno per loro". Le regole mondiali, ragiona Guidesi, "sono saltate" e in questo contesto la verità è che "l'Ue, per come è strutturata, non potrà mai funzionare".

Assessore Guidesi, ma sulle auto è davvero un passo indietro?

"Sì, ma non basta. Negli ultimi anni è stato lasciato tutto in mano ai tecnici. E lo si capisce quando per analizzare un documento della commissione hai bisogno di un matematico, di uno statistico e di un interprete giuridico-legislativo. Ora la politica ha la possibilità di tornare protagonista, prima al Trilogo e poi nel passaggio in Parlamento. Abbiamo la chance di salvare la più grande industria del continente prima che sia troppo tardi".

Una piccola vittoria della Lombardia?

"Tre anni fa, quando dicevamo che non dovevamo guardare soltanto all'elettrico, eravamo dei solisti con tesi mal viste. La cosa che più mi rende orgoglioso è aver allargato la squadra e compattato tantissimi territori evitando il fondamentalismo ideologico. Quando si portano sul tavolo posizioni ragionevoli, qualche risultato lo si ottiene. I danni fatti dall'Ue sono nei numeri, ma anche nei fatti con Volkswagen che ha annunciato la prima auto prodotta in Cina. Le regole europee hanno avvantaggiato i competitor extra Ue".

In primis i cinesi. La partita sull'elettrico è ormai persa?

"Avevamo in squadra un attaccante che faceva 40 gol all'anno con il destro e all'improvviso abbiamo deciso di farlo giocare soltanto con il sinistro. E i cinesi con il sinistro sono fortissimi. Ora vogliono compensare con l'uso dell'acciaio verde. Il distretto siderurgico lombardo ha già fatto la transizione, ma senza il sostegno per esempio sui costi energetici è difficile portare in concessionario una macchina con un prezzo adeguato".

E quindi?

"E quindi alla fine il prodotto cinese risulta sempre più economico. Noi siamo laici su tutte le tecnologie, ma se dei ricercatori riescono a trovare una trazione alternativa all'elettrico, devono potersi giocare la loro partita: è l'omologazione che non va mai bene".

Però manca reciprocità anche con gli Usa.

"Il piano Biden prima e poi i dazi di Trump, rispondono all'esigenza di aiutare il bilancio statunitense. Ma non sta funzionando, perché alcune produzioni che si fanno in Europa restano insostituibili. Sono convinto che si arriverà a una definizione matura di un mercato atlantico. Ma credo che le leadership mondiali debbano prendere atto che sono saltate le regole commerciali".

Come ne esce l'Ue?

"Serve una revisione anche istituzionale. Viviamo una contingenza globale che ha bisogno di decisioni veloci. Invece c'è ancora troppa rigidità e siamo sempre nella mediazione continua. Nel frattempo i cinesi vanno a mille all'ora dal punto di vista dell'innovazione. L'Europa deve favorire le sinergie tra le Regioni che condividono gli stessi obiettivi".

Un autonomismo europeo?

"Non lo dico da leghista. Agire in maniera transfrontaliera può essere una grande occasione. La Lombardia ha molte più cose in comune con la Baviera di quante ne abbia con alcune Regioni italiane".

Cosa significa?

"Che l'Europa deve essere quella dei territori e non quella degli Stati. Servono regole chiare per rilanciare la nostra industria. L'Ue, in questo modo, non può funzionare".

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