
I due erano profondamente diversi per carattere e formazione culturale.
Il primo, Giulio Andreotti, dall'aspetto impassibile e sempre cauto e guardingo, aveva una profonda educazione letteraria e storica che privilegiava la "romanità" persino attraverso la sua passione per la lingua latina. Il secondo, più irruento e impulsivo, aveva una solida cultura giuridica con una particolare predilezione per il diritto costituzionale ed era orgoglioso delle sue origini sarde. Eppure questi due uomini appartenenti a generazioni diverse con una differenza d'età di nove anni avevano anche significativi aspetti in comune, a cominciare dalla convinta fede cattolica e dalla lunga appartenenza politica alla Democrazia cristiana. Chi, come me, ha avuto occasione di conoscerli entrambi, pur non partecipando dello stesso orizzonte culturale e politico, non può non riconoscere che, discorrendo con loro, si aveva davvero l'impressione di trovarsi a tu per tu con la storia e in presenza di personalità eccezionali, la cui conversazione, ricca di scoppiettanti battute ironiche e di approfondite argomentazioni giuridiche e politiche, suscitava sempre un vero e proprio godimento intellettuale.
La pubblicazione del loro carteggio relativo agli anni che vanno dal 1985 al 1992 in tre densi volumi dal titolo La crisi della Repubblica nel carteggio Andreotti Cossiga (Edizioni di Storia e Letteratura, pp. CXC-252 + 440 + 520, euro 114), egregiamente curato da Luca Micheletta, è un avvenimento editoriale importante sia per gli storici sia per quanti intendono conoscere in maniera approfondita, attraverso il dialogo quasi quotidiano fra due protagonisti di primo piano, i risvolti meno noti di un periodo storico delicato che fa registrare eventi come la fine della Guerra Fredda e la crisi della prima Repubblica italiana. Al tempo stesso questi volumi che andrebbero letti, a mio parere, insieme al bellissimo lavoro dell'ambasciatore Ludovico Ortona, La svolta di Francesco Cossiga. Diari del settennato (Aragno) pubblicato qualche anno fa costituiscono un documento imprescindibile per cogliere le coordinate di problemi tuttora irrisolti che, proprio in quel lasso di tempo, ebbero modo di manifestarsi, dalla questione del rapporto fra giustizia e politica al delicato tema della necessità di riforme istituzionali.
I due si erano conosciuti nel 1950. Andreotti, allora potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri dell'ultimo governo guidato da De Gasperi, si recò a Sassari per inaugurare un pensionato della Fuci, l'organizzazione degli universitari cattolici. Venne accolto da un giovanissimo Cossiga, neolaureato e ai primi passi della carriera universitaria e si rese subito conto di trovarsi davanti a un giovane eccezionalmente dotato, sia pure incline a un "cattolicesimo liberale" abbastanza diverso dal suo "cattolicesimo romano", al tempo stesso curiale e popolaresco.
Da quel momento nacque un rapporto di reciproca stima e amicizia destinato malgrado momenti di incomprensione e pur di dura polemica a durare fino all'ultimo. Si ritrovarono i due, più volte, coinvolti in esperienze governative comuni come ministri in vari governi ed ebbero occasione di interagire quando l'uno ricopriva la carica di presidente del Consiglio e l'altro quella di capo dello Stato.
Andreotti fu tra coloro che sostennero la candidatura di Cossiga al Quirinale per riportare un democristiano al vertice dello paese dopo il settennio di Pertini: il che avvenne nel giugno 1985 al primo scrutinio. La sera precedente la votazione, egli parlò all'Assemblea Dc riunita per ratificare la scelta del candidato del partito e auspicò che l'indomani fosse eletto "a bandiere spiegate" Cossiga a dimostrazione di un ritrovato "senso di compattezza" e a chiusura della stagione del previsto, ma mancato, "sorpasso" comunista.
I temi trattati nel carteggio sono moltissimi e vari perché, indipendentemente dalla carica istituzionale, Cossiga era uomo di molteplici interessi e di grandi curiosità intellettuali oltre che di riconosciuta dottrina giuridica. Molti argomenti tuttora in discussione vennero affrontati con vigore. Si pensi, per esempio, al rapporto fra politica e giustizia e alla polemica che Cossiga sviluppò nei confronti del Csm che, per quanto lo presiedesse, egli riteneva talmente prigioniero delle correnti politiche della magistratura da operare al di fuori della legalità costituzionale: il 18 marzo 1980, per esempio, espresse ad Andreotti il "timore di vedere il Csm debordare sempre più, non solo da quelle che sono le sue competenze, ma violare gli stessi limiti di legalità e costituzionalità". Nel novembre del 1991, poi, il suo conflitto con il Csm lo si ricorderà assunse toni particolarmente accesi culminati nella minaccia di scioglimento del Csm stesso e perfino nella decisione far intervenire i carabinieri nell'aula dov'esso era riunito.
Si pensi, ancora, alla attenzione da sempre riservata da Cossiga al tema della riforma delle istituzioni di cui si ritrova più di una traccia nel carteggio: una attenzione che culminerà nell'invio, nel giugno del 1991, alle Camere di un apposito messaggio il quale, presupponendo un giudizio fortemente critico sulla degenerazione del sistema politico dell'Italia repubblicana negli ultimi tempi, intendeva richiamare l'attenzione dei partiti sulla necessità e urgenza di procedere a riforme costituzionali.
Sul punto, peraltro, le posizioni di Cossiga e Andreotti non coincidevano. Quest'ultimo era, tanto dal lato caratteriale quanto da quello operativo, più incline a dare un giudizio meno critico sulla storia di quella che, di lì a poco, sarebbe stata chiamata la "prima repubblica": del resto e non a caso, il lungo viaggio di Andreotti all'interno delle istituzioni, sempre ricoprendo cariche governative, era iniziato alle origini stesse del sistema politico italiano, ai tempi cioè dei governi di Alcide De Gasperi.
Dal carteggio emergono non soltanto le differenze di posizione ma anche informazioni sulla genesi del documento, che non fu affatto improvvisato. Cossiga, già ai primi di giugno, fece presente ad Andreotti l'intenzione di predisporre un messaggio che sarebbe dovuto essere "un discorso storico, di scienza politica, descrittivo e di metodo" con lo scopo finale di "dare consigli circa i modi e le vie anche attraverso le possibili ed opportune modifiche alle procedure attuali per addivenire in tempi brevi e con il più ampio consenso, sia su base rappresentativache per diretta partecipazione del corpo elettorale, all'avvio del processo riformatore". Il 25 giugno, giorno precedente quello della prevista trasmissione al Parlamento, ne fece pervenire la bozza ad Andreotti confidandogli di averlo scritto "con grande libertà, quella libertà" che gli derivava dalla "serena coscienza di aver sempre servito il Paese" e aggiungendo che la controfirma non avrebbe implicato alcuna responsabilità politica del governo poiché il messaggio era da considerarsi un atto autonomo del capo dello Stato. Andreotti prese atto dell'interpretazione del capo dello Stato sul valore non politico ma formale della controfirma governativa che affidò al ministro guardasigilli ed espresse in via riservata alcune critiche al documento ottantasei pagine dattiloscritte alla cui lettura egli aveva dedicato gran parte della notte osservando soprattutto il "tono eccessivamente negativo sulla situazione corrigenda".
Altri motivi di vivace dissenso fra Cossiga e Andreotti non mancarono, certo, in più di una occasione. A prescindere dal "caso Gladio", che turbò e irritò profondamente Cossiga strenuo difensore di quell'organizzazione, si possono ricordare altri casi di contrasto. Cossiga, per esempio, non esitò a condannare la prassi andreottiana di reiterare la decretazione d'urgenza perché, come gli scrisse il 3 maggio 1990, determinava una situazione "molto vicina ad un vero e proprio sovvertimento delle fonti di produzione giuridica fissate dalla Costituzione".
Tuttavia, al di là delle polemiche e dei distinguo, il rapporto fra i due, sul piano personale, fu sempre di sostanziale stima e sincera amicizia.
Il bel saggio introduttivo al carteggio, scritto con finezza interpretativa e rigore storiografico da uno studioso di valore, Luca Micheletta, lo dimostra e si conclude citando una lettera di Cossiga ad Andreotti in ringraziamento degli auguri per l'ottantesimo compleanno: l'ormai ex capo dello Stato vi loda Dio "per gli amici" che gli "ha fatto incontrare" nonché per "gli esempi di vita" che gli "ha portato innanzi" e aggiunge: "tra questi ci sei certamente tu, con il tuo spirito cristiano di pazienza (che io non ho), di prudenza (che io non ho neanche), di fortezza e di cristiana rassegnazione dell'ingiustizia!". Parole emblematiche.