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Kiev, io nel quartier generale dei ribelli

"Gli occhi della guerra" a Casa Ucraina, il quartier generale dei ribelli: il secondo giorno del reportage in Ucraina del nostro inviato a Kiev Fausto Biloslavo

Kiev, io nel quartier generale dei ribelli

KIEV - Sacchetti di sabbia e sentinelle in mimetica con il passamontagna calato sugli occhi, che controllano un via vai continuo di attivisti.

L’ingresso della marmorea Casa Ucraina, nel centro di Kiev, mi ricorda le prime avvisaglie del sanguinoso crollo dell’ex Jugoslavia. L’edificio nel centro di Kiev, ad un passo da piazza Maidan, è uno dei quartier generali dei ribelli. Per entrare mi basta dire che sono italiano ed esibire una vecchia tesserona rossa con la scritta Press.

Una volta dentro bisogna presentarsi al comando, dove ti informano che il secondo piano è proibito ai giornalisti. Il sospetto è che i duri dei gruppi di estrema destra abbiano piazzato nell’edificio strategico qualcosa di più pericoloso di bastoni e manganelli d’ordinanza sfoggiati sulle barricate.

Nel sotterraneo medici volontari hanno messo in piedi un’infermeria e c’è la mensa per i militanti che serve pasti di continuo. In molti vengono da fuori, soprattutto dalla zona ovest da sempre anti russa. Al piano terra distribuiscono medicine da un’improvvisata farmacia. Natalj, parla italiano, ha due figli, ma presta servizio come volontaria a Casa Ucraina. Ci sono anche veterani dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, che danno una mano ai “giovani” anti governativi. Quando confesso ad Alexander, che ha combattuto a Kabul a vent’anni, che l’Afghanistan è la mia seconda patria, mi abbraccia.

Una sentinella delle barricate appena rientrato a riposarsi con casco e spranga in mano racconta in italiano che ha lavorato a Bologna come giardiniere.

Anastasia, 20 anni, non ha dubbi e si dice pronta a combattere nella guerra civile, che secondo lei sarà inevitabile.

A Kiev sono “gli occhi della guerra” dei lettori del Giornale e non vedo nulla di buono all’orizzonte. Gli ultranazioanlisti sono pronti al confronto armato. Non è una novità: i loro miliziani sono andati a combattere in Kosovo a fianco dei serbi per difendere i monasteri ortodossi ed in Georgia quando scoppiò la guerra con i russi, antichi nemici.

Sul piazzale davanti a Casa Ucraina sfilano in ranghi serrati i militanti delle barricate. Molti indossano pezzi di uniformi o elmetti di stampo sovietico. Gli stessi che ho visto saltar fuori in Croazia, Bosnia, Kosovo durante la mattanza degli anni novanta.

Al posto dei fucili tengono in spalla dei bastoni e marciano urlando “viva gli eroi” caduti a piazza Maidan.

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