Dai tre ai vent'anni di carcere. Tanto rischia in Arabia Saudita chi decide di andare a combattere all'estero, dopo che il tre febbraio scorso è stato emesso un decreto reale che punisce i cittadini in armi, nel tentativo di dissuadere soprattutto quanti dal Golfo partono per unirsi ai ranghi anti-assadisti in Siria.
Se già il decreto prevedeva una punizione per i jihadisti, il ministero degli Interni ha stilato oggi una lista di organizzazioni considerate terroristiche. Tanti i nomi che fanno parte dell'elenco, dall'Hezbollah filo-iraniano alla Fratellanza Musulmana, fino a due organizzazioni (Al-Nusra e lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante) che combattono in Siria contro Assad e sono su posizioni filo-qaediste.
Da Riad è arrivata oggi anche la condanna ai sauditi che hanno scelto di combattere all'estero. A loro è stato chiesto di tornare in patria entro quindici giorni o di affrontare l'accusa di terrorismo.
Ieri l'Arabia Saudita, insieme a Emirati Arabi e Bahrein, ha deciso di ritirare il proprio ambasciatore in Qatar. Il piccolo Stato del Golfo, così hanno scritto i tre Paesi in una dichiarazione congiunta, interferisce negli affari interni dei vicini di casa e sostiene inoltre la Fratellanza Musulmana, anche con l'ausilio del canale satellitare Al-Jazeera.
538em;">Anche l'Egitto, lo scorso dicembre, ha inserito i Fratelli Musulmani nell'elenco delle organizzazioni terroristiche, con una mossa che si inserisce in un contesto più ampio di condanna del movimento fondato da Hasan al-Banna negli anni Venti. La Fratellanza, che con Mohammed Morsi era emersa dalla clandestina, arrivando al potere al Cairo dopo la rivoluzione e la cacciata di Hosni Mubarak, ha trascorso gran parte della sua esistenza in clandestinità.
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