Riscoprire l’anima non è solo teoria

Riscoprire l’anima non è solo teoria

di Luca Doninelli
«In alcuni ambienti, la parola anima è considerata addirittura una parola proibita, perché - si dice - esprimerebbe un dualismo tra corpo e anima, dividendo a torto l'uomo».
Così ha detto ieri il Papa. Gli ambienti di cui parla sono ambienti cattolici, e non circoli teologici bensì parrocchie, corsi di catechesi, omelie domenicali, corsi per fidanzati e così via. E la ragione per cui in questi ambienti non si parla più dell'anima sono chiare.
Tutti sappiamo che la parola «anima» non ha un'origine giudeo-cristiana bensì greca. La parola psychè, che in seguito è passata a indicare non tanto l'anima quanto la mente, diventando il prefisso di diverse discipline (psico-logia, psich-iatria, psico-analisi), ha il significato originario di «soffio», «respiro», e poi di «spirito vitale».
Questa identificazione è presente, per la verità, anche in tutti e quattro i Vangeli, dove - almeno nella traduzione latina e in quella corrente - la morte di Gesù viene raccontata mediante l'uso del verbo «spirare». Et emisit spiritum.
In Grecia l'anima era anche il sembiante, l'ombra che sopravviveva allo stato larvale alla fine del corpo, e vagava negli inferi rimpiangendo i bei giorni passati sotto la luce del sole.
Poi, con la scuola socratica e soprattutto con Platone, ecco la rivoluzione: la parola «anima» passò a significare ciò che, in noi, possiede la capacità di trascendere le cose mortali per pensare a quelle eterne - le essenze delle cose, le leggi della logica, la matematica e la geometria con i loro teoremi - e interrogarsi sul significato ultimo delle cose.
Il cristianesimo fece proprio questo significato e assunse la parola «anima» nel proprio vocabolario. Se il corpo è sicuramente mortale, c'è tuttavia in noi qualcosa che è affine alle cose immortali e partecipa della loro natura.
In altri tempi si è dedotto che, se così stavano le cose, l'anima stessa doveva essere immortale. Quello che si può dire sempre è che c'è in noi un grido che contraddice quello che l'esperienza non può non ammettere, e cioè che tutti moriremo. Un grido che dice «no» alla morte: noi vogliamo vivere per sempre, perché questa è la nostra natura.
So che il mio cuore smetterà di battere, che il sangue cesserà di scorrere nelle mie vene, che i miei tessuti saranno decomposti fino a che la polvere di cui sono fatto tornerà alla terra. Ma se io - io - non esistessi più, o se io non fossi più l'alito, il soffio di Qualcosa che è da sempre e per sempre, allora tutta l'esistenza sarebbe non sarebbe altro che una beffa, un'assurdità.
Posso accettare di finire, ma non che finisca il «tu» che commosse perfino uno come Ernest Hemingway, il quale, dopo aver detto che tutto è niente, d'un tratto si rivolge al niente e lo prega («o Nulla nostro, che sei nel Nulla, sia Nulla il tuo Nulla, venga il tuo Nulla...»). Dopo tutte le dimostrazioni della Sua inesistenza, ecco quel «tu» che resta, e non se ne vuole andare dalla nostra mente, dalla nostra gola. Questo alito che dice «tu» è l'anima.
Ma molti intellettuali cattolici sostengono che bisogna eliminare dal pensiero cattolico le incrostazioni greche, che introducono un dualismo corpo-anima estraneo alla natura del cristianesimo. L'uomo, dicono, è un tutt'uno, e questo è vero: anche se l'abc del pensiero ci ricorda che altro è distinguere, altro separare, e che le giuste distinzioni non vanno eliminate solo perché separare è sbagliato.
Personalmente, diffido del purismo di chi vede nella storia solo un deposito di incrostazioni che deturpano la bellezza delle linee originali. Il cristianesimo fin dalle origini, ossia da Cristo stesso, si è spalancato con inaudita generosità all'uomo e alla storia, assistendo tutti i sofferenti (nel corpo e nello spirito), valorizzando sempre tutto quello che l'uomo ha fatto di bello e di buono e integrandolo nella propria vita: perché il cristianesimo non è un modello a cui attenersi, bensì - appunto - una vita.
Inoltre, la parola «anima» indica, in modo concreto e ben comprensibile all'esperienza umana, quella irriducibilità della persona umana che nessun potere, nessuna legislazione, nessun sistema sociale per quanto perfetto ha il diritto di violare. Anzi: la mia paura è che, una volta eliminata questa parola, essa venga sostituita da un concetto astratto, da un discorso, da una teoria, da un «distinguo» impotente ad arginare l'invadenza di tutti i poteri sull'uomo e, quindi, in fondo, connivente con essi.


Viva l'anima, dunque. Viva il grido che erompe in noi nonostante tutte le teorie. Viva la vita che vuole continuare a vivere nel tempo e nello spazio, e vivendo proclama che qualcosa in noi oltrepassa il tempo e lo spazio.

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