da Gerusalemme
Sembra essere sorpresa delle attenzioni sollevate in questi giorni. Isra Al Modallal, 23 anni, è la nuova portavoce del movimento islamista Hamas, che controlla la Striscia di Gaza. È la prima donna a sedere in quella poltrona. Con il suo perfetto inglese - ha un forte accento dello Yorkshire, dove ha studiato per cinque anni da teenager - Al Modallal è un viso nuovo in una poltrona occupata tradizionalmente da uomini spesso non giovani, con un inglese incerto e i toni di un'epoca passata.
La nomina della giovane donna ha sollevato interesse nella stampa internazionale, che nei giorni scorsi, presentando il personaggio, si è chiesta se la mossa non faccia parte di un tentativo dei conservatori di Hamas - considerato un movimento terroristico sia dall'Unione Europea sia dagli Stati Uniti - di presentare all'occidente e ai suoi giornalisti un'immagine più aperta e moderata, soprattutto dopo che il governo di Gaza è stato criticato nel corso degli anni per aver limitato i diritti delle donne.
Da quando è al potere nella Striscia, dal 2007, Hamas è stato accusato da organizzazioni per i diritti umani internazionali di pressioni sociali sulle donne affinché indossino il velo islamico, di aver proibito loro di fumare in pubblico - sigarette e narghilé, pipe ad acqua - e di viaggiare a bordo di motociclette. Titoli di giornali sono stati dedicati al divieto imposto ai parrucchieri maschi di pettinare donne e alle donne di partecipare a marzo a una maratona organizzata dalle Nazioni Unite a Gaza. Secondo l'Associated Press, tra i lavoratori pubblici e nelle università le donne nella Striscia rappresentano soltanto il 20%.
Non sa dire se la sua nomina sia un segnale, «certamente è una grande responsabilità», spiega Al Modallal al telefono con Il Giornale da Gaza. «In ogni società le donne dovrebbero essere forti. Sono la prima donna portavoce del governo, ho 23 anni, sono una madre. Devo essere sicura di me stessa. Quello che conta però sono i risultati». La giovane, che nelle fotografie che la ritraggono al lavoro dietro una larga scrivania porta un tradizionale velo islamico, dice di voler concentrarsi sui media occidentali «perché la narrativa sul conflitto fornita da quelli di Israele è falsa». Dice Israele, non «l'entità sionista», come avrebbero fatto molti politici o attivisti di Hamas, movimento che non riconosce l'esistenza dello Stato d'Israele. Nonostante ciò, le posizioni della giovane, che non fa parte del gruppo politico, sono quelle di Hamas e lei stessa dice di rifiutare ogni contatto con giornali o televisioni israeliane.
La nuova faccia di Hamas ha studiato all'estero, è tornata a Gaza per diplomarsi in giornalismo, è divorziata, ha una figlia di quattro anni, parla le lingue ed è agile sui social media. Hamas non è il primo movimento islamista che, in questi anni di rivolte arabe e venti di democratizzazione, ha consegnato la gestione dei giornalisti occidentali e della propria immagine a giovani donne con accenti stranieri e curriculum internazionali.
Al Cairo, durante le elezioni presidenziali del 2012, a organizzare le pr del partito dei Fratelli musulmani - criticati sia in Egitto sia altrove per rigide posizioni sulle donne, prima fra tutte l'idea che una donna non possa candidarsi alla presidenza - c'era tra gli altri Aisha El Hadad, una ragazza educata all'estero.E le relazioni internazionali di EnNahda - movimento islamista tunisino - sono gestite dalla figlia del leader Rachid Ghannouci, Yusra, giovane avvocato dal forte accento britannico, cresciuta in Europa.
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