Esultano le imprese del Nordest: «È soltanto l’inizio»

Bisazza, ex presidente industriali di Vicenza: «L’onda di protesta contro una Finanziaria deprimente è destinata a crescere»

nostro inviato a Vicenza

Pino Bisazza è un imprenditore pragmatico: costretto da dissidi familiari a lasciare presidenza e azioni della propria azienda, in sei anni ha messo in piedi un gruppo (Trend) che fattura 120 milioni di euro, ha sede in una villa palladiana sotto Monte Berico e filiali ovunque. Ma è anche un veneto atipico: è abituato a parlare fuori dai denti. Ieri Bisazza, con ombrello e trench, era in piazza dei Signori contro la Finanziaria: «La prima manifestazione della mia vita».
Che cosa prova un imprenditore a scendere in strada come un operaio che sciopera?
«Be’, all’inizio ci si trova un po’ a disagio. Però sono convinto che questa volta non si poteva brontolare e basta: bisognava dare una dimostrazione palese del dissenso, e non so quali altri mezzi possiamo avere noi imprenditori, visto che i vertici di Confindustria vanno per conto loro».
Il suo giudizio?
«Vicenza è una città moderata, gente difficile da scaldare, dunque la manifestazione è riuscita. Berlusconi è il trascinatore che conosciamo, sa toccare le corde giuste come sei mesi fa qui a Vicenza. Fini ha fatto più un discorso da statista. Bossi, poveretto... Fa quello che può, è encomiabile e la gente vuole ancora lui. È stata una manifestazione trasversale, con persone di ogni provenienza sociale. E molti giovani».
Come lo spiega? Voglia di saltare la scuola?
«No, qui è montata un’onda contro la Finanziaria. E mi auguro che cresca ancora perché la legge non va aggiustata, ma cambiata completamente. I piccoli ritocchi non servono. Per soddisfare il rapporto tra debito e Pil si dimenticano lo sviluppo e le infrastrutture, cioè quello che fa progredire il Paese. Così invece si rischia di bloccare tutto».
Che cosa chiedete voi imprenditori del Nordest a Prodi?
«Confindustria, a Roma e anche qui a Vicenza, ha fissato alcuni punti di modifica. Sono stato presidente degli industriali vicentini, so bene che per ottenere bisogna trattare. Ma questo è un caso diverso: abbiamo di fronte una finanziaria di retroguardia e deprimente, cioè che deprime le società produttive, e non sono sufficienti le limature. Bisogna andare contro».
Le dimostrazioni di piazza sono davvero utili?
«Io non sono mai stato favorevole, però oggi serve un’azione di forza. Prodi mi sembra arrivato al capolinea. E non tanto per quello che dice l’opposizione, ma per quello che pensano i suoi stessi alleati».
Lei crede davvero che il presidente del Consiglio ascolterà le richieste della piazza?
«Prodi no. Ma i suoi colleghi della maggioranza penso di sì. La protesta sta crescendo ovunque».
Luca di Montezemolo non ha commentato la manifestazione di Vicenza: ha solo criticato i fischi all’inno di Mameli.
«Ha fatto bene a tacere sulle nostre cose, lui non ha aderito e nemmeno il presidente degli industriali di Vicenza. Però era meglio se stava zitto fino in fondo. Da che pulpito contesta i fischi? Quattro stupidi li trovi sempre, hanno fischiato l’inno nazionale perfino ai Mondiali».
È il secondo avvertimento che Vicenza e il Nordest lanciano a Montezemolo. Che cosa dovrete fare ancora per convincerlo?
«Ha ancora pochi mesi, non ce ne preoccupiamo più di tanto. Lui è stato condizionato dall’aver assunto la presidenza della Fiat. Doveva lasciare. Non è che le cariche siano incompatibili, anche Agnelli le mantenne entrambe: è la situazione odierna della Fiat incompatibile con la rappresentanza di tutti gli interessi imprenditoriali.

D’Amato ci ha messo quattro anni per dividere la Cgil dalle altre sigle, Montezemolo invece ha ricompattato subito i sindacati perché aveva i suoi problemi in Fiat da risolvere. Doveva dimettersi. Ma in Italia non si usa dare le dimissioni, nemmeno in Confindustria».

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