La «fabbrica» dei bancomat

Ancora bancomat sabotati in centro storico. Questa volta con una tecnica ancora più ingegnosa: la gang finita in manette (tre uomini e una donna, romeni e italiani) creava ad hoc in un’officina nascosta tra le campagne di Zagarolo, appena fuori la capitale, barre metalliche tubolari da apporre sopra gli sportelli. Marchingegni contenenti all’interno microcamere e chip con antenna in grado di rimandare le immagini dei codici carpiti agli ignari clienti a un computer portatile posizionato a breve distanza. Un gioco da ragazzi per la banda riprodurre su bande magnetiche «vergini» la sequenza rubata. Almeno fino a quando i carabinieri della compagnia San Pietro non si sono messi sulle loro tracce, vista l’impressionante escalation di denunce piombate sui loro tavoli da correntisti truffati in zona. Ai militari è bastato qualche giorno di appostamento e un rapido controllo sulla funzionalità degli apparecchi bancomat disseminati nel quariere per risolvere il giallo. «Innanzitutto - spiegano gli inquirenti - ci siamo resi conto che su alcuni terminali erano rimasti segni di scotch biadesivo utilizzato dai quattro per fissare i tubi metallici appositamente verniciati e, di fatto, mimetizzati col resto della struttura. Quindi, abbiamo aspettato che entrassero in azione». I carabinieri in borghese seguono il quartetto fino a Zagarolo, qui la scoperta della fabbrica-covo. Per i quattro scatta l’arresto in flagranza.
Che la truffa ai bancomat sia divenuta la nuova «specialità» per professionisti del crimine non è una novità. Tanto che già dalla scorsa estate polizia e carabinieri hanno messo mano a uno speciale vademecum anti-manomissione. Tra le regole più importanti, quella di coprire sempre con l’altra mano la digitazione del codice pin sulla tastierina.
Sempre in centro, i carabinieri di via Veneto hanno denunciato a piede libero un francese e un algerino, entrambi 28enni, col «pallino» della frode al bancomat. I due riuscivano a bloccare la fessura degli sportelli in modo tale che al cliente che aveva appena inserito la propria scheda, questa restasse incastrata.

A quel punto uno dei due si avvicinava alla vittima e con la scusa di aiutarla copiava, sul suo cellulare, il codice. Quando il malcapitato si allontanava, convinto che la sua tessera fosse comunque sicura all’interno della banca, l’altro balordo la sbloccava, digitava il codice segreto e prelevava il contante.

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