Signore e signori, benvenuti a Inter-Juventus. In netto anticipo rispetto alla data prevista (23 novembre, tredicesima giornata di campionato), ecco a voi nervi già tesi, polemiche a distanza e lo zero assoluto di fair play: inutile poi lamentarsi se persino durante i tornei estivi il becerume da curva - bianconera, nel caso specifico - porta all'esasperazione un gentleman come Carlo Ancelotti quasi costringendolo a reagire con il dito medio alzato nei confronti di chi lo insultava nel peggiore dei modi.
Nerazzurri contro bianconeri, allora. Mourinho contro Ranieri, due che hanno visto l'Inghilterra da vicino e che a Londra hanno lasciato anche ottimi ricordi. Due che evidentemente, al di là delle dichiarazioni di facciata dei giorni scorsi, non si amano in particolar modo e probabilmente c'entra qualcosa il fatto che nell'estate 2004 il tecnico romano ha dovuto salutare il Chelsea - nonostante il secondo posto in campionato e la semifinale di Champions League - per far posto guarda caso al portoghese. Due che hanno sperimentato sulla propria pelle cosa significhi, al di là di certe rudezze comportamentali, il rispetto reciproco dall'altra parte della Manica. Al di qua, evidentemente, le cose funzionano in maniera diversa: l'ironia questa sconosciuta, avanti con i mezzi pesanti e chissà quello che potrebbe succedere più avanti. I fuocherelli sono stati accesi da Mourinho alla vigilia del Trofeo Tim: «Se la Juve non vincerà contro di noi dovrà preoccuparsi, visto che è molto più avanti nella preparazione e ha già nella testa i preliminari di Champions League». I bianconeri hanno poi vinto come da pronostico anche se, per dirla con Ranieri, «con la formazione meno allenata, per dare a Mourinho un'opportunità». Il tecnico romano ha poi insistito nei giorni seguenti parlando del collega come di uno che «ha vinto in Portogallo e Inghilterra, ma io voglio impedirgli di farlo in Italia. E Lampard, a me Abramovich l'avrebbe dato: a lui no, per ovvie ragioni». Ovvero: l'amore finito male nel corso dell'ultima stagione, con tanto di risoluzione consensuale del contratto. Infine, il botta e risposta delle ultime ore, dopo il ko bianconero contro l'Amburgo: «Io non sono come lui - ha dichiarato Ranieri -. Non ho bisogno di vincere per sentirmi sicuro di quello che faccio. A me sta bene anche perdere, perché bisogna essere bravi pure nelle difficoltà. Lo scorso anno siamo stati capaci di farlo, intendiamo ripeterci».
«Ranieri ha comunque ragione per quello che dice - ha replicato il tecnico nerazzurro a Inter Channel -. Io sono molto esigente con me stesso e ho bisogno di vincere per avere sicurezza delle cose. Per questo, nella mia carriera, ho vinto tanti trofei. Lui, invece, ha la mentalità di uno che non ha bisogno di vincere e a quasi sessanta anni ha vinto una Supercoppa. Una piccola Coppa, nulla di importante. Dovrebbe cambiare mentalità, ma forse è troppo vecchio per poterlo fare. Io sono in Italia per lavorare e non per fare una guerra di parole. Voglio il bene dell'Inter: intendo fare il meglio possibile per noi e dimenticare il lavoro degli altri».
Viva l'esagerazione. In tutti i sensi. Senza nessuno escluso. The Special One ha affondato il colpo, facendo sicuramente godere i tifosi interisti e imbestialire quelli bianconeri. I quali, dal canto loro, avranno applaudito il Ranieri che nei giorni precedenti aveva punzecchiato l'allenatore portoghese. Come al solito, la parola definitiva la esprimerà solo il campo. Per il momento, a Mourinho va ricordato che Ranieri è nato il 20 ottobre 1951 e che quindi compirà tra poco più di due mesi 58 anni: nel suo curriculum trovano posto al momento i successi di una Coppa Italia (Fiorentina, 1995-96), una Supercoppa Italiana (Fiorentina, 1996), una Coppa di Spagna (Valencia, 1999) e una Supercoppa europea (Valencia, 2004). Non male, nell'insieme. Anche se in mezzo vanno ricordati gli esoneri di Madrid (sponda Atletico), Napoli e Valencia.
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