
Il carcinoma alla prostata è ancora tra i tumori più comuni nella popolazione maschile, ma grazie alla diagnosi precoce il suo impatto è cambiato radicalmente. Oggi, il 92% dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi: un dato che testimonia quanto siano fondamentali la prevenzione e il monitoraggio regolare per intervenire tempestivamente e con successo.
Campanelli d'allarme
Dopo i 40 possono iniziare i primi sintomi: aumento della frequenza ed urgenza ad andare in bagno, riduzione della forza del getto urinario, sensazione di incompleto svuotamento della vescica, risveglio notturno per andare ad urinare, gocciolamento al termine della minzione. Nulla di grave, ma questi sono i primi campanelli di allarme di un ingrandimento benigno della prostata che indicano la necessità di recarsi dall’Urologo per la prima volta.
A quale età iniziare la prevenzione
La prevenzione del tumore alla prostata parte da un esame semplice ma fondamentale: il dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico) tramite un prelievo del sangue. Introdotto oltre quarant’anni fa, questo marker continua a essere uno strumento efficace per valutare la salute della prostata. Oggi, oltre al valore del PSA totale, si presta attenzione anche al rapporto tra PSA libero e totale, un parametro utile per distinguere tra condizioni benigne e sospetti di tumore, migliorando l’accuratezza diagnostica.
Il consiglio è quello di eseguire il controllo del PSA:
• una volta all’anno dopo i 45 anni,
• una volta ogni sei mesi dopo i 50 anni.
In caso di familiarità, si consiglia di iniziare lo screening anche prima dei 45 anni: il rischio di sviluppare una neoplasia è infatti maggiore in chi ha avuto un parente di primo grado, per esempio il padre, affetto da tumore alla prostata.
I controlli in giovane età
Negli uomini sotto i 40 anni, il problema più comune a carico della prostata non è il tumore, ma la prostatite, un’infiammazione della ghiandola che, pur essendo benigna, non va sottovalutata. Le prostatiti sono piuttosto frequenti e possono essere favorite da diversi fattori:
• Microtraumi, come quelli causati da uso frequente di motorino o bicicletta, che sollecitano la zona pelvica.
• Vita sessuale irregolare, che può provocare congestione prostatica, poiché la prostata ha un ruolo chiave nella produzione del liquido seminale.
• Stress, poiché la prostata è un organo riccamente innervato e risente delle tensioni emotive, che possono contribuire all’infiammazione.
In presenza di sintomi (bruciore, dolore pelvico, difficoltà urinarie), è importante rivolgersi a un medico per una diagnosi e un trattamento adeguato.
Prevenzione dei tumori alla prostata, quali esami fare
Dopo i 50 anni, è fondamentale effettuare controlli periodici con l’urologo per monitorare lo stato di salute della prostata. La valutazione urologica completa si basa su tre elementi principali:
• PSA (Antigene Prostatico Specifico): un semplice esame del sangue che misura i livelli di questa proteina, utile come indicatore di eventuali alterazioni prostatiche.
• Visita urologica con esplorazione rettale: consente di valutare direttamente la prostata, verificando dimensioni, consistenza, presenza di noduli o irregolarità nei margini.
• Ecografia prostatica: può essere sovrapubica (tramite l’addome) o transrettale (più accurata, via endorettale) e fornisce immagini dettagliate della ghiandola.
Se uno di questi esami evidenzia anomalie, l’urologo valuterà l'opportunità di ulteriori indagini, come la risonanza magnetica o la biopsia prostatica. La diagnosi precoce, in questa fase della vita, è essenziale per identificare eventuali tumori in fase iniziale e affrontarli con maggiori probabilità di successo.
La visita urologica
La visita urologica inizia con la raccolta dell’anamnesi, ovvero una conversazione dettagliata per conoscere la storia clinica del paziente e comprendere i motivi che lo hanno spinto a rivolgersi allo specialista. Uno degli aspetti centrali di questa fase è l’indagine su eventuali disturbi urinari, che possono manifestarsi con diversi sintomi:
• Minzioni frequenti durante il giorno e/o la notte;
• Sensazione di bruciore durante la minzione, peso pelvico o incompleto svuotamento della vescica (indicativi di sintomi irritativi);
• Difficoltà a iniziare a urinare, necessità di farlo in più tempi, getto urinario debole o che si interrompe, fino a una minzione goccia a goccia (tipici dei sintomi ostruttivi, spesso legati all’ingrossamento prostatico che comprime l’uretra).
Questo colloquio è fondamentale per aiutare l’urologo a distinguere tra un aumento del volume della prostata (iperplasia prostatica) e un’infiammazione (come una prostatite), indirizzando così verso gli accertamenti e i trattamenti più appropriati.
Cosa fare se c'è un'anomalia negli esami
Se uno dei tre parametri fondamentali per la valutazione della salute prostatica — PSA, visita endorettale o ecografia — risulta alterato, l’urologo può consigliare approfondimenti diagnostici.
In particolare, se è il PSA a risultare elevato, il primo passo non è procedere subito con indagini invasive, ma piuttosto ripetere l’esame a distanza di circa due mesi. Questo perché i valori di PSA possono aumentare anche in assenza di tumore, ad esempio in caso di:
• Prostatiti (infiammazioni della prostata);
• Calcoli prostatici;
• Ascessi;
• Cisti prostatiche.
Il PSA non è un marker tumorale, ma un indicatore specifico del tessuto prostatico: quindi qualsiasi alterazione della prostata, anche benigna, può farlo aumentare. Per questo è importante non allarmarsi subito e valutare attentamente con lo specialista l’andamento dei valori e la necessità di ulteriori accertamenti, come la risonanza multiparametrica o la biopsia prostatica, solo se ritenuti realmente necessari.
Il valore di PSA
Se, dopo due mesi, il valore di PSA rimane elevato o risulta addirittura aumentato, è fondamentale procedere con ulteriori accertamenti diagnostici. In questi casi, l’esame più indicato — e oggi considerato tra i più avanzati — è la risonanza magnetica multiparametrica della prostata.
Questa metodica, che viene prescritta dallo specialista urologo, consente di:
• Individuare lesioni sospette, anche di piccole dimensioni;
• Distinguere tra alterazioni benigne e potenzialmente maligne;
• Guidare l’eventuale biopsia, indirizzandola con precisione verso le aree sospette.
Rispetto ad altri esami diagnostici, la risonanza multiparametrica offre una visione dettagliata della prostata, migliorando notevolmente l’accuratezza nella diagnosi precoce del carcinoma prostatico. Inoltre, può aiutare a evitare biopsie non necessarie nei casi in cui non emergano elementi preoccupanti.
La biopsia
Se la risonanza magnetica multiparametrica evidenzia la presenza di lesioni sospette, il passo successivo è l’esecuzione di una biopsia prostatica, indispensabile per ottenere una diagnosi definitiva.
Oggi, al posto della tradizionale biopsia sistematica, è disponibile una tecnica più avanzata: la biopsia fusion.
Cos’è la biopsia fusion?
È una procedura che unisce le immagini ottenute dalla risonanza magnetica con quelle dell’ecografia transrettale in tempo reale. Questo “fusion imaging” permette all’urologo di indirizzare i prelievi esattamente sulle aree sospette identificate con la risonanza.
Vantaggi rispetto alla biopsia tradizionale:
• Maggiore precisione: si preleva tessuto solo dalle zone sospette, evitando prelievi “alla cieca”.
• Meno prelievi: serve un numero inferiore di campioni per ottenere una diagnosi accurata.
• Minore rischio di complicanze, come infezioni o sanguinamenti.
• Migliore affidabilità diagnostica, specialmente per tumori di piccole dimensioni o localizzati in zone difficili da
raggiungere.In sintesi, la biopsia fusion rappresenta un importante passo avanti nella diagnosi del tumore alla prostata, perché è più mirata, sicura ed efficace, contribuendo a scelte terapeutiche sempre più personalizzate.
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