Controcultura

Fascista o comunista purché sia arte autentica

Chi grida allo scandalo per le mostre di Depero sappia che lì a fianco c'è quella del marxista Perilli

Fascista o comunista purché sia arte autentica

Agli imbecilli e ignoranti che la buttano in politica, e che non sono in grado di capire né concetti, né battute, né paradossi, occorre dire che, in tanto parlare di fascismo e antifascismo, una cosa sola è certa: che l'unico fascista, amato, idolatrato e onorato in Trentino, è Fortunato Depero, al quale io, in qualità di presidente del Mart, ho, dopo molte pressioni locali, consentito fossero dedicate due belle e importanti mostre in tutta la città di Rovereto, nella sede principale di Mario Botta e nel museo d'arte futurista, insieme ad altre, volute dal Comune, nel Museo della città, nel Museo storico italiano della guerra e alla Fondazione Campana dei caduti, e all'omaggio a Depero dalla sua valle, a Cles.

La fantasia dell'artista, le sue creazioni, soprattutto negli anni '20, '30 e '40 sono, in tutto il mondo, la più straordinaria esaltazione del Fascismo. Nel '32 è proprio il grande artista a scrivere: «l'arte nell'avvenire sarà potentemente pubblicitaria». Il suo percorso fascista inizia nel 1923 con due veglie futuriste e con la ridecorazione della casa d'arte che apparirà nella rivista Rovente futurista. Per quelli che pretendono di demonizzare qualunque manifestazione del Fascismo, l'esperienza di Depero è la più clamorosa smentita; ed è esattamente quello che io ho detto, strumentalizzato da beceri ignoranti che pretendono di chiamarsi «Sinistra italiana», oltre che da modesti giornalisti locali, ricordando ciò che tuttora vive nella cultura, nell'esperienza, nella conservazione dei monumenti, nei teatri italiani, con l'impresa della Treccani, con le opere di Pirandello, con le conquiste di Marconi e di Fermi, iscritto al partito fascista dal 1929, con la legge di tutela del patrimonio artistico italiano che è ancora quella voluta dal gerarca Bottai nel 1939, con la grande architettura dell'Eur e delle città di fondazione, il cui pieno riconoscimento è toccato ad Asmara, città coloniale, dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'umanità. Quanto a Marconi, si iscrisse al Partito fascista nel giugno del 1923, otto mesi dopo la formazione del primo governo Mussolini. Fu la scelta di un conservatore che era stato testimone dei duri scontri del biennio rosso, aveva visto nella occupazione delle fabbriche la minaccia del contagio bolscevico e dava del leader del fascismo un giudizio non diverso da quello di una larga parte della classe politica europea fra cui, in particolare, Winston Churchill.

Così ho detto e così è. Vi è chiaro, imbecilli? E così come Asmara, Depero indica, con la sua creatività, la perfetta coincidenza della sua arte con la visione del Fascismo, in cui si rispecchia anche l'impresa transoceanica di Balbo. E puntualmente il futurismo si esprime nella Aeropittura.

Depero era una persona «coi piedi per terra», e per nulla affascinato da aeroplani e nuvole. Il suo punto d'osservazione era paradossalmente più alto di quello raggiungibile con gli aeroplani futuristi: era stato a New York e aveva toccato con mano quel futuro solo vagheggiato e teorizzato dai Futuristi italiani. Nel 1931 pubblica Il Futurismo e l'Arte Pubblicitaria, già in bozze a New York nel 1929. Secondo Depero l'immagine pubblicitaria doveva essere veloce, sintetica, fascinatrice, con grandi campiture di colore a tinte piatte, per così poter aumentare la dinamicità della comunicazione. Nel 1932 espone prima in una sala personale alla XVIII Biennale di Venezia, e poi alla V Triennale di Milano. A Rovereto pubblica una rivista di cui usciranno solo cinque numeri nel 1933: Dinamo Futurista. In seguito, nel 1934, le Liriche Radiofoniche, che declamerà anche all'EIAR fascista (la Rai di allora).

Molti saranno i Futuristi di terza generazione ad andare in pellegrinaggio a Rovereto, come altri da d'Annunzio, protetto e locupletato dal fascismo (diversamente da me che esercito gratuitamente la funzione di presidente del Mart, e che non ho alcun interesse economico nelle iniziative che promuovo), per rendergli omaggio o per coinvolgerlo in qualche iniziativa. I principali committenti di Depero sono corporazioni, segreterie di partito, grandi alberghi, amministrazioni pubbliche, industrie locali. Le opere richieste sono eminentemente didascaliche, propagandistiche, decorative. Rispettosamente fasciste. Verso la seconda metà degli anni '30, a causa dell'austerità dovuta alla politica autarchica da lui condivisa, contribuisce al rilancio del Buxus, un materiale economico a base di cellulosa atto a sostituire il legno delle impiallacciature, brevettato e prodotto dalle Cartiere Bosso. Nel '40 pubblica l'autobiografia. Nel '42 realizza un grande mosaico per l'E42 di Roma, mentre nel '43 con A Passo Romano cerca di dimostrare il suo allineamento sostanziale con il Fascismo anche per ottenerne lavori e commesse.

Finita la guerra, nel tentativo di giustificarsi di fronte al nuovo ordine dello Stato italiano per quel libro apertamente fascista, afferma che loro, i Futuristi, credevano fermamente che il Fascismo avrebbe concretizzato il trionfo del Futurismo, e che lui aveva anche «bisogno di mangiare». Nel '47, in parte sponsorizzato dalle Cartiere Bosso, ritenta di riproporsi in America, ma la trova ostile al Futurismo perché ritenuto l'arte del Fascismo. Nel '49 torna quindi in Italia, disilluso e dimenticato dall'antifascismo di regime. È la solita storia, come nelle proclamazioni di oggi. Ennio Flaiano scriveva: «i fascisti si son sempre divisi in due categorie: i fascisti e gli antifascisti». Agli antagonisti di Depero e agli opportunisti di oggi rispondeva Pasolini: «nulla di peggio del Fascismo degli antifascisti». Per ciò che riguarda i teppisti, che si nascondono dietro la sigla «Sinistra italiana», è utile ricordare Leonardo Sciascia: «il più bell'esemplare di fascista in cui ci si possa oggi imbattere è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dar del fascista a chi fascista non è».

Per rimuovere l'accusa di Fascismo, Fortunato Depero aderisce al progetto della collezione Verzocchi sul tema del lavoro, nella già fascista e ora comunista Forlì. Contestualmente (1955) entra in polemica con la Biennale di Venezia, accusata di censurare lui e il Futurismo, pubblicando il saggio Antibiennale contro le penose critiche politiche al Futurismo. E proprio perché io non ho voluto lasciare spazio soltanto all'arte di propaganda di Depero, alla grande mostra sul pittore fascista, nei suoi anni migliori, ho affiancato quella sul profondamente intimista e spirituale Romolo Romani, che ritira subito la sua adesione al manifesto futurista e muore precocemente nel 1916. Si tratta di una palese e dichiarata contrapposizione tra arte applicata e arte implicata, come ho spiegato in diverse occasioni.

I disegni di Romani hanno, rispetto alle invenzioni dei futuristi, una verità e una necessità spirituale che si esprimono in forme nuove attraverso una ricerca profonda che non ha niente di propagandistico. Ogni disegno è una ossessione o la trascrizione di una visione. Per questo Romani si ritirò. Ai futuristi interessava il mondo, e Depero lo ha dimostrato. A Romani importava seguire la propria anima, trascriverne i palpiti, registrare apparizioni in segni necessari perché ne potessimo conservare memoria. E, se non fosse chiaro questo, aggiungerò che, nell'offerta di mostre del Mart, vi è un artista di cui si conosce la professione di antifascismo nei tempi giusti, non oggi: Alceo Dossena, morto nel 1937, quando il Fascismo c'era.

È facile fare gli antifascisti quando il regime è finito, e accusare di Fascismo ridicoli facinorosi che, con la collaborazione delle Forze dell'Ordine che smanganellano innocui manifestanti, occupano la sede della Cgil! Non si può dire? E come collegare le proteste contro il green pass con l'assalto al sindacato? Ecco allora gridare «al fuoco al fuoco!» chi si piega devotamente alle prescrizioni autoritarie del governo, docili come furono durante il Fascismo. Mentre non deve essere abbastanza chiaro che l'altra mostra proposta nel museo, con il confronto fra Guccione e Perilli, onora due artisti dichiaratamente comunisti. Il settore culturale, da sempre priorità della sinistra, in quegli anni incarnata dal Partito Comunista Italiano, vede l'adesione di artisti e intellettuali, e tra questi anche gli esponenti di Forma 1, fra i quali Perilli. I giovani pittori nel 1947 si trovano di fronte a un bivio: aderire o disobbedire alle linee estetiche realiste proprie dell'iconografia sovietica? E la risposta arriva con la stesura del Manifesto redatto dal gruppo di artisti militanti. Gli esponenti di Forma 1 si proclamano ufficialmente «formalisti e marxisti», opponendosi all'idea che l'arte abbia una funzione sociale e politica esprimibile esclusivamente attraverso un realismo di carattere illustrativo. E vero comunista fu, con queste legittime riserve, Achille Perilli. Non meno progressista fu Piero Guccione, il cui ritratto di Antonio Gramsci, una grande tela di 1,50 x 1,50 m, è stato per quasi quarant'anni esposto nelle varie sedi delle sezioni del Partito della sinistra sciclitana, costituendone il simbolo e il riferimento per intere generazioni.

Sarebbe buona cosa che i vigliacchi e gli ignoranti che parlano di cose che non conoscono avessero l'umiltà di studiare, visto che non hanno la capacità di capire.

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