La favola di Nami Mun, da cubista a scrittrice di successo

Immigrata coreana a New York, ha fatto decine di lavori e vissuto in mezzo a una strada fino a a pubblicare il suo romanzo. E ora è candidata come miglior esordiente all'Orange Prize

Nami Mun è nata in Corea, è cresciuta nel Bronx, è scappata di casa, ha fatto la venditrice porta a porta (a 13 anni), ha dormito nelle stazioni degli autobus e sulle panchine, ha fatto poi la fotogiornalista e l'investigatrice. Alla fine è diventata una scrittrice di successo: il suo primo libro, Miles from Nowhere, è in lista come miglior esordiente all'Orange Prize. In mezzo è stata a lungo una cameriera e perfino una cubista: «Si tratta sempre di intuire i desideri delle persone». Ha vissuto a New York da quando aveva 8 anni (oggi ne ha 41), ma ora abita a Chicago, dove insegna scrittura creativa. A un certo punto la sua vita di fuggitiva è cambiata. Aveva abbandonato la sua casa nel Bronx per vendere trucchi dell'Avon, lei che non si era mai nemmeno provata una crema sul viso. Anche perché era ancora alle scuole medie. È durata due settimane, poi è cominciata l'odissea dei lavori, della vita a volte qua a volte là, senza sapere dove avrebbe trascorso la notte, magari in un edificio abbandonato, magari in un parco. Poi gli impieghi sono migliorati, piano piano: fotogiornalista, investigatrice. La prima svolta è a 15 anni, nel bar in cui lavora come cameriera. Due ragazzi - ha raccontato all'Independent - scommettono sulla sua capacità di rispondere a un quesito di matematica. Per uno ce l'avrebbe fatta, perché è asiatica; per l'altro no, perché è una cameriera. Vince il secondo e Nami Mun decide di prendere il diploma. Poi prende anche la laurea in letteratura inglese a Berkeley.
Il suo romanzo racconta di Joon, immigrata coreana che scappa dalle follie e dalle cattiverie di casa (sempre nel Bronx anni Ottanta) a 13 anni e poi vive ai margini della società e dell'esistenza, fino a lavorare in un club di escort. C'è la sua vita, ma «non è un'autobiografia». Nami Mun ha iniziato a scrivere mentre era un'investigatrice. Arrivata a metà romanzo, ne ha spedito un capitolo a Barney Rosset, l'uomo che ha combattuto per far pubblicare Lawrence ed Henry Miller in America; che, da fondatore della Grove Press, pubblicò tutti i romanzi dell'epoca beat, Burroughs, Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti. Così anche lei è arrivata al debutto.

Il mestiere che le ha rivelato di più sulla creatività, dice, è la cubista. Ma anche tutti gli altri, cameriera, venditrice, investigatrice le hanno insegnato a contare sulle sue doti comunicative e sull'empatia, sulla condivisione delle emozioni: «Perché alla fine eravamo tutti soli».

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