«Sono impaziente» si legge nella prima pagina del suo libro. E allora chiediamo a Filippo Timi - che oggi alle 18.30 presenta alla Feltrinelli di piazza Piemonte il suo «Peggio che diventare famoso» (Garzanti, pagg. 332, euro 15,60) - come riesce ad andare d'accordo con una città che della fretta e dell'impazienza ha fatto una ragion d'essere. «Dopo 15 anni di Roma, ho scelto Milano perché la sua frenesia rispecchiava il mio stato d'animo. Penso che sia meglio sposarsi appieno, no? E una frenesia interiore che si congiunge a una esterna, mi dà calma». Ma non è sfiancante? «Be', sto fuori molto a girare sui set, poi vado in Argentina, a New York. Quando rientro a Milano, sono pieno di energie». Scrivi che sopporti bene le sgarbatezze. Milano è sgarbata? «Abbastanza! Il primo giorno che ci arrivai, pioveva a dirotto. Vado da un giornalaio e lo saluto: "Buongiorno!», e lui mi risponde «Buona giornata un...!" Ecco, a volte Milano è così» Altre volte, invece? «È come una donna che ha passato i 40 anni. Una donna densa, per certi aspetti dura. Puoi anche fargli le moine, ma lei ti risponde: ragazzo, so quel che voglio! Però quando ti sorride, lo fa sinceramente». Una donna, una città un po' radical chic? «Cioè?» Minimalista. Sciuretta.
Che dovrebbe mettersi addosso vestiti più colorati. «Oh, non mi azzarderei a dire a una donna dopo i 40 cosa dovrebbe mettersi addosso». Una Milano per niente glamour, la tua. «Quando metto una giacca glam provo sempre il desiderio di sporcarla un po', renderla viva».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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