Guerra in Ucraina

La finanza sostenibile dopo la guerra russo-ucraina

La finanza sostenibile dopo la guerra russo-ucraina

La finanza sostenibile si trova a un bivio dopo la guerra russo-ucraina. In forma indiretta, chiaramente, perché la partita bellica impatta sul grande totem su cui la finanza sostenibile poggia: la transizione energetica. In primo luogo perché la partita dell'energia va direttamente ad impattare sulle dinamiche future che le nazioni e i governi prenderanno in tema di approvvigionamenti e di investimenti strategici. Come dimostrato dalle prese di posizione del governo Draghi in Italia, la partita impatterà sull'agenda energetica delle principali economie imponendo scelte emergenziali per rendere i contesti interni più resilienti di fronte all'ipotesi di un blocco delle forniture di gas dalla Russia nel breve periodo. E nel medio periodo le economie potrebbero essere gravate da un crescente prezzo del petrolio.

In secondo luogo vi è la questione della scelta degli operatori. Prima della guerra, nota Etica Sgr in un report, "i portafogli azionari, a fronte di una view cauta ma costruttiva, erano impostati con un’esposizione neutrale rispetto al benchmark di riferimento, con alcune scelte attive in termini settoriali e geografici per bilanciare il portafoglio tra temi strutturali o difensivi e temi che avrebbero potuto beneficiare delle riaperture e della crescita dei consumi nella seconda parte del 2022". E su questo orientamento erano costruiti tutti i portafogli degli operatori dominanti della finanza sostenibile. Ora costretti a un approccio più difensivo.

In terzo luogo, c'è un tema connesso alle aspettative degli operatori. La finanza sostenibile viveva le sue fortune nel quadro di un sistema pacifico, caratterizzato da un circolo virtuoso tra afflusso di risorse all'economia, investimenti delle imprese, agende costruttive degli operatori in cerca di stabilità e profitto anche grazie ai settori di frontiera. Ora più che mai si conferma, piaccia o meno, la profezia dell'ad di BlackRock Larry Fink, per cui "la finanza è sostenibile solo se genera profitto". Imbarcarsi in una rivoluzione o in un'operazione su larga scala, come la transizione green, senza aver messo in sicurezza le retrovie (la stabilità odierna del settore energetico) significherebbe un suicidio strategico.

Ultimo punto è quello della fiducia globale. Nel quadro di un'espansione delle prospettive della globalizzazione finanziaria, la sostenibilità e gli obiettivi Esg apparivano come un presupposto per una sua "umanizzazione". Oggi, invece, in tempi di guerra, mentre si ventila l'esclusione della Russia dello Swift, lo sdoganamento di una "Grande Tempesta" economica indotta dalla guerra su prezzi energetici, inflazione, stabilità dei mercati e delle borse rende l'agenda Esg temporanemanete secondaria.

Dunque per la finanza sostenibile si apre un periodo di incertezza. La cui durata sarà direttamente proporzionale a quella della crisi.

Dalla quale una via d'uscita as ora è tutto fuorché ipotizzabile in tempi rapidi.

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