(...) «Era il dicembre del 1979 - racconta -, pochi giorni prima dell'assassinio di Guido Rossa. Io ero dirigente nazionale del Fronte della Gioventù. Il dibattito politico era molto teso e duro. I brigatisti prendevano di mira obiettivi «facili», come i sindacalisti e i politici locali, gente comune, certamente senza scorta. Ero in federazione quando mi dissero che avevano fatto un attentato a casa mia. Corsi subito. La facciata del palazzo era ancora annerita. Seppi dopo che, secondo la ricostruzione della polizia, davanti al palazzo si era sistemato un gruppo di fuoco. In quel momento io non ero in casa, c'era solo mio fratello. I brigatisti scambiarono un vicino per me, e diedero il via all'attentato». Contro l'edificio di via Romani vengono sparati colpi d'arma e viene lanciata anche una bomba molotov. «Che però - chiarisce Casarino - non esplose perché fu fermata dagli infissi della finestra. L'esplosione avvenne all'esterno evitando l'incendio. Anche i colpi, sparati attraverso le imposte, non colpirono mio fratello». Insomma un attacco che, per fortuna, non fece morti e feriti, «anche se l'intenzione era proprio quella» annota Casarino che ricorda: «Per quella azione furono accusati i brigatisti della colonna genovese, tra cui anche Gianfranco Zoja. Lo stesso che dopo a trent'anni è ancora accusato di fare quello che faceva allora, cioè l'armiere e il reclutatore di terroristi. Allora mi viene da pensare che, come nel 1979, qualcuno muova le fila dell'eversione, qualcuno a cui interessa che il fuoco del terrorismo covi sotto la cenere.
Forse proprio a causa di questa sinistra che è allo sfascio e ha perso ogni contatto con la sua base. Ma oggi - avverte Casarino - il brodo di coltura delle Br non sono i proletari, sono gli anarco-insurrezionalisti, i black-blok i cosiddetti no-global. Niente a che fare con le ideologie e la politica vera».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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