La squadra di Burlando per spingere un governo che ancora non c'è

di Ferruccio Repetti

Diavolo di un Burlando Claudio! Una ne fa e mezza ne pensa. E se i politici dormono, il governatore non dorme mai. Anzi, lancia l'allarme e fa suonare la carica chiamando a raccolta il giorno 23 a Genova manager pubblici e imprenditori. Tutti pezzi da novanta, lui mica sta lì a smacchiare i giaguari, come direbbe Bersani: i prescelti sono il nuovo amministratore delegato di Finmeccanica Alessandro Pansa, l'omologo delle Ferrovie Mauro Moretti, quello di Fincantieri Giuseppe Bono, l'industriale Vittorio Malacalza e l'armatore Gianluigi Aponte. Il piatto in tavola - che è rimbalzato ieri, una notiziona, su tutte le agenzie - è roba da far sentire le farfalle nello stomaco: «Discutere dei problemi da sottoporre al prossimo Governo». Nel senso che: quando ci si mette, Claudio fa sul serio. E non ci si venga a dire che lo fa per riciclarsi in politica, per riconquistare spazi, per rimettersi in gioco, lui che in gioco c'è da quando aveva i calzoni corti e, come diceva Pajetta di Berlinguer, «si è iscritto giovanissimo alla direzione del partito». Difatti, di fronte allo sfascio post-elettorale, e soprattutto alla non-vittoria del Pd che rilancia un certo non-sconfitto Matteo Renzi, vedete un po' cosa dice Burlando: «Il Paese sta andando a sbattere. Qui siamo matti. Dobbiamo intervenire, dicendo al prossimo Governo quali sono le cose da fare subito». Altro che i vibranti solleciti di Napolitano in scadenza di mandato, altro che gli sberleffi iconoclasti di Grillo in crescenza di consensi, altro che i diktat villani di Schultz e della Merkel che considerano già l'Italia come una colonia del neo Impero teutonico! Con uno come il governatore della Liguria che s'impegna e chiama a raccolta, non c'è dubbio che siamo sulla strada giusta.

Peccato solo - piccolo particolare - che manchi ancora il Governo cui la compagnia radunata da Burlando dovrebbe rivolgersi. Ma cosa volete che sia? La realtà dice altro: è Burlando che può fare la differenza. Però non nel senso del gerundio, mi raccomando.

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