Cronaca locale

Gerry Mulligan, il jazzista innamorato di Milano

Franco Fayenz

Per Gerry Mulligan, fino al 1974 Milano è stata una città come le altre. Il maestro del sassofono baritono (eccellente peraltro anche come compositore e arrangiatore, sebbene molti non se ne fossero ancora accorti) aveva acquistato notorietà nel 1949, a 22 anni, collaborando con il nonetto di Miles Davis al quale impropriamente si attribuisce l’inizio del coolbop.
Milano incontrò Mulligan il 25 febbraio 1956 al Teatro della Fiera, con un codicillo notturno alla Taverna Messicana, un club allora in voga. Il sassofonista si presentò con un sestetto completato da Jon Eardley alla tromba, Bob Brookmeyer al trombone, Zoot Sims al sax tenore, Bill Crow al contrabbasso e Specs Bailey alla batteria.
Il maestro ritornò a Milano nel 1960, a metà novembre, per tenere due concerti al Teatro Manzoni con la sua Concert Jazz Band, e il trionfo fu ancora più grande. Mulligan diceva sempre che quella era stata la migliore formazione da lui diretta. «Eravamo tutti giovani, affiatati, entusiasti e poveri. Portavamo le valigie da soli, dividevamo i guadagni. Ci riunimmo due volte. La seconda fu nel 1963, dopo aver registrato due dischi, poi la situazione diventò insostenibile e ci lasciammo».
Mulligan era abituato a riscuotere ovunque simili consensi, in America e in Europa. Finché nel 1974 accettò un incontro discografico a Milano con Astor Piazzolla: loro due come solisti, un’orchestra di sfondo, musiche di Piazzolla. Alla registrazione fu presente, fra gli altri, una giovane signora di Milano, Franca Rota. Con Gerry si ritrovarono la sera stessa al Capolinea, il tempio milanese del jazz allora al massimo dello splendore, e fu amore a prima vista. Mulligan veniva da un paio di matrimoni andati a male e da un cumulo di avventure, ma con Franca fu un’altra cosa.
Scelsero come abitazione la villa che il sassofonista aveva a Darien, nel Connecticut (c’è ancora, ed è sede della Gerry Mulligan Productions). Ma presero un’altra casa a Milano, in viale Piave, dove Mulligan si abituò a venire ogni volta che poteva, lavorando soprattutto a nuove composizioni per le quali si serviva di un pianoforte a mezza coda.
Tenne concerti in Italia sempre più spesso, specialmente negli anni Ottanta, scritturando anche musicisti italiani conosciuti a Milano e dintorni fra i quali vanno citati Mario Rusca al pianoforte, Sergio Farina alla chitarra, Dodo Goya al contrabbasso e Tullio De Piscopo alla batteria. La sua figura alta e asciutta, i suoi capelli ormai bianchi e il suo tratto gentile, ben diverso da quello di un tempo, divennero familiari nei supermercati della zona di Porta Venezia. Mulligan amava fare la spesa, sollevando dal compito la moglie.
Negli ultimi tempi si avvicinò al buddismo e suonò con cori religiosi al Teatro Nazionale. Morì a Darien il 19 gennaio 1996. A Milano il rimpianto fu immenso.

Da più di vent’anni non era più una città come le altre.

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