"GF" e "Isola", il cibo di una tv rancida

"GF" e "Isola", il cibo di una tv rancida

Ci sono programmi che vanno in onda da anni: logori, stanchi e ripetitivi eppure continuano ad avere una buona audience, cosicché i dirigenti delle antenne, pubbliche o private, non osano smantellarli e spedirli in cantina. È il caso del Grande fratello e dell'Isola dei famosi: roba rancida, ributtante, ma sempre all'altezza di appassionare un pubblico abbastanza folto. Il Grande fratello (inizio del terzo millennio) all'esordio fu un esperimento interessante. Consentire alla gente di spiare la vita scema di una decina di reclusi volontari, e intenti a sputtanarsi a vicenda al fine di selezionare i finalisti, costituiva una novità sconvolgente.

Non era mai accaduto di potersi godere lo spettacolo offerto da vari giovanotti e giovanotte condannati alla coabitazione per settimane, che dico, mesi, e costretti a sopportarsi l'un l'altro e a combattersi con ogni arma, compresi la delazione e il pettegolezzo, nella speranza di incassare il premio spettante al vincitore, decretato dai telespettatori. La trasmissione aveva un suo valore sociologico: dava l'opportunità di capire quanto fossero (e sono) stolti molti ragazzi d'oggidì, ignoranti e impegnati soltanto a ritagliarsi uno spazio sul video per conquistarsi un momento di gloria.

Al tempo ne vedemmo di tutti i colori: scopate in diretta, liti, dispetti, discorsi insulsi e spesso idioti. Insomma, uno guardava la tv e si accorgeva in che razza di Paese siamo ingabbiati. Il Grande fratello piaceva perché fissava l'obiettivo su uno scorcio significativo di umanità, ingigantendo, come in un microscopio, i peggiori difetti dei partecipanti. I quali formavano un campione atto a riflettere il macrocosmo nel quale siamo tutti coinvolti, subendone le storture per noia o rassegnazione.

Il programma tra alti e bassi è andato avanti a lungo, e tira ancora, nonostante non abbia più nulla di nuovo da dire né da mostrare. Questo è il mistero. La trasmissione è sfinita, ma non è mai finita. Lancia sul video le solite situazioni, cambiano le facce ma le espressioni tendenti all'ebetismo non sono mutate, né - supponiamo -, muteranno, dato che lo schema non accenna a modificarsi.

Identico discorso va fatto per l'Isola dei famosi. Per un tempo non breve ha incuriosito folle di teledipendenti attratti dai vip inseriti in contesti insoliti, giungle, oceani avari di pesce, cibo scarso, zero comodità, neanche un letto per riposare. Inizialmente, lo spettacolo era assicurato: facce conosciute all'improvviso inquadrate in luoghi esotici e contrastanti con i palcoscenici che le avevano rese familiari. Per un paio di lustri, forse meno, la trasmissione ha riscosso numerosi consensi. Ovvio, anche noi da bambini andavamo volentieri al luna park per assistere alle prodezze, per quanto talvolta disgustose, della donna cannone.

Al presente però sfugge il motivo per cui i protagonisti dell'Isola esercitano fascino sulle masse. Quando poi siamo stati informati che tra i «primitivi» era stata ingaggiata Simona Ventura, celebrata diva della tv, abbiamo avuto un colpo al cuore.

Tu quoque? Ma chi glielo ha fatto fare di smutandarsi pur di apparire ancora tra i protagonisti del video? Siamo stati colti da una immensa tristezza, superata soltanto da quella suscitata dal ritorno di Rischiatutto, passato dalla storica conduzione di Mike Bongiorno alle redini di Fabio Fazio, chierico progressista e immarcescibile, sempre prono davanti ai sacerdoti del conformismo pseudoculturale. Ci tocca anche questo, ma abbiamo lo stomaco forte.

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