Non è che il Milan sta pensando di mandare Gilardino qualche giorno dalle sue parti, magari nelle Langhe a ricaricare le pile? Linterrogativo, oltre a divertire la platea dei cronisti, serve a ridefinire meglio il caso del giorno e ad aprire uno squarcio sul tormento di casa Milan, che si chiama appunto Alberto Gilardino il quale non segna da una vita senza provocare, dalle parti di Milanello, angosciosi dibattiti o decisioni clamorose. «Capita nella carriera di un attaccante di vivere un periodo così, ce ne stiamo occupando da tempo, è venuto il momento di superarlo di slancio, a Gilardino non parlo, non voglio assillarlo troppo, il suo è un problema di natura psicologica, sente troppo la responsabilità specie dopo la partenza di Shevchenko»: la spiegazione articolata di Carlo Ancelotti, di ottimo umore e per niente preoccupato, è un piccolo capolavoro di semplicità applicata al calcio dei nostri giorni e anche di sintesi. E se cè qualcuno che insiste sulla possibilità futura di reclutare Adriano in rossonero («Milanello è un ambiente ideale per lavorare e sbloccarsi» la perfida risposta del tecnico rossonero), bisogna che prenda nota della riflessione ad alta voce di Ariedo Braida, il dg che si occupa del calcio-mercato. «Ormai gli affari che dovevamo fare li abbiamo fatti, non ci saranno mai più altri scambi tra Milan e Inter» il suo pronostico che assume il valore simbolico di un autentico anatema. Poiché Gilardino e Adriano non sono gli unici, in Europa, a tradire gravi depressioni, Ancelotti si occupa anche di Shevchenko, «deve adeguarsi al cambiamento di squadra, campionato e città» e volge uno sguardo verso Ronaldinho che a Barcellona soffre di unaltra sindrome, «precampionato faticoso negli Usa e poche vacanze».
Tra i tormenti di Gilardino (il risvolto rossonero della medaglia Adriano), leco per labolizione del ritiro e larrivo minaccioso del Palermo, resistono ancora lattualità di questaltro tabù (sono rimasti in ritiro Gilardino, Inzaghi e Simic) abbattuto dai berlusconiani tra una sequenza di battute più o meno riuscite. Ancelotti si diverte a prendere a martellate i luoghi comuni sullargomento: «Lunico problema è il vitto, infatti stiamo organizzando un corso di cucina» è la prima; «io resto a Milanello perché la signora Luisa non mi sopporta a casa» la seconda. Amen, non se ne parli più. Perché nel frattempo cè da mettere in fila, nei prossimi quattro appuntamenti domestici, Palermo, Inter, Anderlecht e Roma. «È la svolta della stagione» ammette Ancelotti che qui si fa serio. E anche esigente, molto esigente. Già perché, ecco lammissione franca e brutale del tecnico, «il Milan non ha raggiunto un buon livello di gioco, anzi siamo ancora indietro». E quindi cè da cogliere al volo loccasione, dal Palermo in avanti, per una striscia di due settimane.
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