«Ginecologi sotto pressione Oggi operano nel terrore»

BergamoUn travaglio lungo due giorni, forse errori di valutazione sulla neonata - peserà quasi un chilo in più di quanto stimato con l’ecografia - poi una presunta lite in sala parto, episodio sul quale sta indagando la procura di Bergamo. Per la bimba, che oggi ha nove mesi, è un dramma: invalida al 95%, cieca, incapace di alimentarsi e con difficoltà respiratorie. Dramma anche per la madre di 35 anni che, in seguito a lesioni all’utero dovute al travaglio, non potrà più avere figli.
Gli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove la notte del 30 gennaio scorso sono accaduti i fatti, danno una versione diversa dell’accaduto, soprattutto negando ogni tipo di contrasto tra il personale medico: semplicemente, per operare il parto cesareo d’urgenza serviva il consenso della paziente. E la direzione sanitaria specifica: «L’intervento non è stato eseguito immediatamente per il tardivo consenso dei genitori». La sofferenza fetale è stata scoperta alle 20, un’ora dopo, il parto cesareo. E alle 21 la bimba nasce gravemente asfittica. Non si tratta di un episodio isolato: tra dicembre e gennaio, ai Riuniti, risultano tre casi simili, di cui due mortali.
L’indagine è stata avviata su denuncia dei genitori della neonata e se ne sta occupando il pubblico ministero Giancarlo Mancusi, che ha aperto un fascicolo per lesioni colpose gravissime, alla piccola e alla madre. Nessun nome al momento risulta iscritto nel registro degli indagati, ma la macchina giudiziaria si è messa in moto per acuisire documenti, cartelle cliniche e interrogare il personale sanitario intervenuto quel giorno.
È Samir Zekaj, 38 anni, operaio albanese a raccontare quei giorni drammatici, precisando che la gravidanza procedeva in modo tranquillo e che nessuno dei controlli periodici eseguiti all’Asl di Dalmine aveva evidenziato problemi, nè per la madre, nè per la nascitura. La sera del 28 gennaio la donna avverte le prime doglie e, dopo un controllo medico, viene ricoverata in attesa del parto. Il giorno dopo, viene stimolata per accelerare le contrazioni. La donna ha già un’altra figlia, oggi ha 7 anni - ma questa volta forse il feto è troppo grosso, oppure in posizione sfavorevole, e il travaglio si trasforma in dodici ore di sofferenza.
A questo punto ci sarebbe stato il litigio in sala parto denunciano gli albanesi: una discussione accesa tra due dottoresse - racconta il padre - di cui una insisteva per il parto naturale, l’altra per un intervento con il cesareo. È stata quest’ultima a cedere, rivolgendosi alla collega con queste parole - “se la pensi così, allora arrangiati tu”, prima di uscire dalla sala.
Soltanto con il cambio del turno, i ginecologi in servizio per la notte si sono resi conto della situazione e hanno optato per un parto chirurgico. Ma era tardi. La neonata non respirava e veniva quindi sottoposta a terapie di rianimazione, ma ormai i danni cerebrali sono irreparabili.

E ieri il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario ha scritto all’assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani, chiedendo una dettagliata relazione in riferimento all’ultimo episodio.

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