Un gioco fatale, poi il piano: scaricare tutto su Lumumba

Non trova ancora conferme l'alibi dell'immigrato. Ma la nuova pista punta su un "festino" finito male. Nel mirino Amanda e il fidanzato

Un gioco fatale, poi il piano: 
scaricare tutto su Lumumba

Perugia - Dalla caccia al quarto uomo all'uomo in meno. Nelle indagini sull’omicidio di Meredith Kercher l'evoluzione del quadro indiziario apre un nuovo possibile scenario. Una genesi alternativa dell’assassinio si aggiunge alla prima ipotesi, cristallizzata nell'ordinanza del gip Claudia Matteini.

Se al centro di quel teorema c’era Patrick Lumumba Diya e la sua presunta «passione» per la studentessa inglese, che l'avrebbe spinto a chiedere ad Amanda Knox di «mediare» per un appuntamento galante poi sfociato in tragedia, ora non si esclude una clamorosa, parziale o totale, uscita di scena del barista-musicista di origine congolese, indicato dall'americana come «esecutore materiale» del delitto.

Questa nuova pista, valutata con attenzione, non è però frutto della testimonianza del professore svizzero che Patrick aveva indicato come cliente del suo pub tra le 20 e le 22 del primo novembre. L’uomo domenica è stato interrogato dagli inquirenti dalle 18.30 all’una di notte. Ogni dettaglio della sua ricostruzione della serata al «Le chic» è stato messo a confronto con le dichiarazioni verbalizzate dal musicista, dai riscontri orari agli altri avventori che erano presenti nel locale. E dal raffronto sarebbero emerse alcune contraddizioni. Ma al di là di un alibi che non trova ancora la sua conferma definitiva, la posizione di Lumumba sembra essersi alleggerita.

Tra gli elementi da chiarire, quel cambio di cellulare dopo il delitto, negato dall’indagato durante l’interrogatorio. «Non è vero che l’Imei, il codice identificativo del telefonino, sia cambiato dal 2 novembre- spiega sul punto Giuseppe Sereni, legale del congolese -Patrick aveva un telefonino difettoso, già il 12 ottobre ne aveva acquistato un altro».

L’attenzione degli inquirenti si concentra dunque sul ruolo di Amanda e Raffaele Sollecito. Giocano a sfavore dell'americana le troppe versioni contrastanti fornite nei suoi interrogatori e il fatto di essere l'unica in possesso delle chiavi della casa di via della Pergola. Al vaglio anche le immagini delle telecamere del parcheggio di fronte all’abitazione, pure se gli inquirenti non confermano che la ragazza sia stata immortalata mentre rincasava la sera del primo novembre. Confusi anche i ricordi di Sollecito, che però ha sempre negato di essere uscito da casa sua quella notte. Per farlo crollare, gli inquirenti puntano sui risultati (attesi venerdì) degli esami effettuati ieri sui suoi coltelli, su un paio di mutande e sulla scarpa che avrebbe lasciato un’impronta accanto al cadavere. Oggi la scientifica esaminerà anche i pedali dell'auto del ragazzo barese, alla ricerca di eventuali tracce di sangue, e setaccerà il suo appartamento.

A questo punto, nella mente degli inquirenti, si configura uno scenario in parte diverso, che vede la morte di Meredith come frutto di una coltellata sfuggita accidentalmente. Un «gioco» del quale sarebbero stati protagonisti Amanda e Raffaele: Patrick invece potrebbe essere stato coinvolto dall’americana, che lavorava nel suo pub, solo per allontanare da sé i sospetti. Stesso scopo avrebbe avuto il goffo tentativo di inscenare un furto, rompendo la finestra di casa, ma dal di dentro.

I legali di Sollecito Luca Maori e Marco Brusco si dicono invece certi dell’estraneità del ragazzo, che «si sente coinvolto in una storia che non lo riguarda».

Quanto agli esami sui reperti, secondo il perito della difesa le lame dei coltelli di Raffaele non sarebbero compatibili con la ferita che ha ucciso Mez. «Chiederemo un incidente probatorio per accertare che quella sera Sollecito navigava su internet a casa sua», concludono gli avvocati.

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