Un giorno nella favela dove i bimbi rom giocano insieme ai topi

Trecento rumeni occupano un deposito abbandonato, ogni notte risse e accoltellamenti. La gente è terrorizzata, ma dice: «Quei bambini ci fanno pena»

da Milano

Pusha ha 15 anni. Pusha significa «bambola». Ma Pusha non ha mai giocato con le bambole: «Ho sempre giocato con i topi». Ora è diventata grande e sogna di lavorare come barista. Attorno a Pusha ci sono tanti bambini. E attorno ai bambini ci sono tanti topi: «Ci divertiamo a rincorrerli e a ucciderli a colpi di pietra». Una comunità «primitiva», quella in cui vive Pusha e suoi piccoli amici, composta da 300 romeni (ma il numero cambia di giorno in giorno) che vive in un enorme scheletro di cemento all’estrema periferia di Milano. La struttura doveva essere un parcheggio di interscambio al servizio della vicina stazione di San Cristoforo e della linea ferroviaria Milano-Mortara, ma è diventato un ricovero dove persone, topi e sporcizia sono ormai un tutt’uno. Purtroppo non si tratta di una metafora. È proprio così. Lo abbiamo capito ieri quando - scortati da due auto della polizia locale del Comune di Corsico - siamo entrati nella palazzina maledetta di Molinetto di Lorenteggio. «Tutti gli uomini sono via. C’è chi è andato a chiedere l’elemosina e chi a rubare - spiega Pusha -, qui ci siamo solo noi bambini». E poi ci sono loro, i topi. A centinaia. Ovunque. L’immenso capannone (che non ha né tetto né pareti) si sviluppa su due piani. Materassi lerci e fornellini di fortuna. «I grandi rientrano all’ora di pranzo - testimonia Pusha -, mangiano e poi vanno via. La sera tornano e si ubriacano, succedono cose brutte». Pusha parla a pochi centimetri da una delle tante voragini che squarciano il corpo di questo rudere infernale; all’interno dei fossi spazzatura sufficiente a riempire una discarica. Carcasse di animali, aria irrespirabile; ammucchiati alla rinfusa carrelli dei supermercati, motorini e biciclette.
«Con questa gente ho cercato di aprire un dialogo - dice Filippo Errante, assessore alla Polizia locale di Corsico -, anche perché questi bambini ci fanno pena e non possiamo abbandonarli. L’area occupata dai rom sorge sul territorio di Milano, ma è Corsico a subirne le conseguenze negative. Palazzo Marino fa finta di nulla e anche le Ferrovie dello Stato, proprietario dell’immobile, continua a chiudere gli occhi su un’emergenza dagli sviluppi imprevedibili». Domenica scorsa c’è stata l’ennesima mega-rissa: da una parte l’ala dura del gruppo che impone la linea della violenza e dell’illegalità, dall’altra i moderati che vorrebbero collaborare con le autorità italiane.
Mentre visitiamo il dormitorio della disperazione, arrivano quattro poliziotti del commissariato Lorenteggio: sono qui per controllare i romeni più pericolosi. Molti di loro sono rimpatriati a seguito del clamore scoppiato dopo la tragedia della donna di Guidonia uccisa da «Romica» Mailat. «Per colpa di quel bastardo, ora vogliono rispedirci a casa», urla la nonna del campo. Sua figlia ha 15 anni, una ragazzina che poche settimane fa ha rischiato di partorire tra i topi, poi per fortuna qualcuno l’ha trasportata in ospedale, dove ha dato alla luce una bimba bellissima.


Il consiglio di Pusha vale più di tanti convegni sull’immigrazione: «Qui dovete radere al suolo tutto, solo così andremo via». Magari giusto per spostarsi di cento metri, in fondo al cavalcavia Gonin. Lì - sotto il ponte - altre baracche, altri topi, altra disperazione.

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