Cronaca locale

Un giro di usura e cocaina dietro il delitto di ’ndrangheta

Aveva torturato e ucciso l’ex moglie e madre di sua figlia per sapere cosa aveva raccontato ai magistrati nel corso della sua collaborazione e guadagnare così meriti con le cosche del crotonese. Ma è stato scoperto dai carabinieri che l’hanno arrestato un anno fa e nei giorni scorsi, mettendo il naso nei suoi affari, hanno tirato fuori una seconda inchiesta per traffico di droga e usura.
Nuovo ordine di custodia cautelare dunque per Carlo Cosco, 41 anni, i fratelli Giuseppe e Vito, 47 e 42 anni, Rosario Curcio, 35 anni e Carmine Venturino, 24, a cui si è aggiunta la compagna di Giuseppe, Renata Plado, 40 anni. Gli stessi uomini arrestati nell’ottobre 2010 per l’omicidio di Lea Garofalo. La donna, nata nel 1974 a Petilia Policastro, era la sorella di Floriano, uomo di peso all’interno delle cosche calabresi. In particolare la ’ndrina Cosco-Trovato. E questo aveva garantito «rispettabilità» ai fratelli Cosco che avevano intrapreso un fiorente traffico di cocaina, diventando ben presto i ras incontrastati di piazza Baiamonti. I tre sono anche cugini di quel Vito Cosco autore della strage di Rozzano: nel 2003, per uccidere due balordi, ammazzò anche un pensionato e una bimba di pochi anni. E infatti lo accolsero nel loro «fortino» in via Montello 6. La morte di Floriano l’8 giugno del 2005, nell’ambito della faida con i Mirabelli che fece 40 morti, li aveva un po’ messi in difficoltà, tanto da retrocederli al ruolo di spacciatori, anche se di grosse quantità di stupefacenti.
Né aveva giovato al loro prestigio la decisione di Lea di collaborare con la giustizia. La donna visse anni sotto protezione con la figlia Denise, nata nell’82 dal matrimonio con Carlo. Poi rinunciò alla copertura dello Stato e accettò invece di rivedere il marito. Che nel novembre del 2009 la rapì, la torturò per sapere cosa avesse detto ai magistrati, la uccise e sciolse il suo corpo nell’acido. In particolare per far meglio scattare la trappola Cosco si servì anche di Carmine Venturino, che aveva allacciato un relazione con Denise. Qualche giorno dopo venne denunciata la scomparsa della donna e per mesi la si cercò inutilmente.
I carabinieri avevano ovviamente ben chiaro fin dall’inizio che a ucciderla era stato l’ex marito, ma attendevano una mossa falsa per poterlo incastrare, magari dopo aver individuato il corpo. Quando però ebbero la certezza che della povera donna non avrebbero mai più trovata alcuna traccia, fecero scattare le manette. Carlo Cosco venne arrestato lo scorso ottobre con fratelli e complici, tra i quali anche Massimo Sabatino, 37 anni.
I militari hanno poi continuato a indagare negli affari dei fratelli Cosco scoprendo il fiorente giro di cocaina ma soprattutto le loro attività «parallele» di strozzini. I soldi della droga infatti andavano a finanziare i prestiti, anche di diverse decine di migliaia di euro, che i calabresi erogavano a loro clienti, per pagare lo stupefacente, ma anche a commercianti e imprenditori in difficoltà.
Accorto il sistema per cercare di evitare di essere collegati al giro di usura: far riscuotere in banca alle stesse vittime, le cambiali che firmavano per pagare gli interessi. Mediamente il 20 per cento al mese che gli usurati erano costretti a versare puntuali. Non che fosse necessaria la violenza, bastava infatti il loro cognome per incutere terrore ai debitori. Anche se in un’occasione Giuseppe fu «costretto» a pendere a calci un artigiano che, indebitato per 70mila euro, non riusciva più a far fronte alle scadenza.

Anche perché con quegli interessi, le vittime non riuscivano quasi mai a estinguere il prestito ricevuto.

Commenti