«Chiamatemi Giuliano». Ha puntato tutto sul profilo basso da «radicale tranquillo », Giuliano Pisapia. E ora che è entrato a Palazzo Marino dalla porta principale di un trionfo inaspettato per numeri e clamore, prova pure a scrollarsi di dosso tutele e ipoteche - prima fra tutte quella del suo amico-nemico Nichi Vendola. Chiede di essere chiamato semplicemente Giuliano, «mai signor sindaco». E al suo alter ego malamente consiglia di «ascoltare prima di parlare». Ha un’immagine mite ma non vuol farsi fregare, politicamente parlando, Pisapia. Si vede e si pensa come il campione di una riscossa civica, amministrativa, arancione come il colore della sua campagna elettorale. A dire il vero non ha mai sbagliato l’accostamento dei toni, il nuovo primo cittadino. Ha azzeccato cravatte e spezzati fin dal luglio dello scorso anno, quando sotto il fresco di un porticato, in un ristorante popolare del popolare quartiere del Corvetto si è candidato alle primarie della sinistra. Allora era il «Vendola milanese », l’ultimo flagello del Pd. E da allora ha giocato su una sorta di miracoloso equilibrismo fra partiti e la città. Gli antichi e i nuovi compagni di strada, gli «ortodossi» militanti di Rifondazione Comunista e gli esponenti della grande borghesia cittadina, con entrature importanti nei poteri forti. È da questo (precario) equilibrio che scaturisce l’imbarazzante incidente diplomatico con «Nichi». «A Vendola voglio bene - lo rimbrotta - Ma quando va in una città che non conosce dovrebbe ascoltare più che parlare ». Una bacchettata dolorosissima, che al Pd milanese non è parso vero di poter sfruttare contro l’insidioso e ambizioso alleato. Una bacchettata che nasce da un combattuto rapporto in cui, un po’ a fasi alterne, uno usa l’altro.Alla vigilia delle primarie, quando era ancora l’ex deputato (indipendente) di un partito in rotta, è stato lui, Pisapia, a fare appello al governatore pugliese. Anche perché il carisma del trascinatore non è il suo forte. Lo ha dimostrato perfino nell’ultimo comizio in piazza Duomo, quando ha inavvertitamente mancato perfino gli assist che una spalla benevola come Claudio Bisio gli ha servito, belli e pronti per essere trasformati in boati e applausi. Allora, quando si è trattato di battere Stefano Boeri del Pd, è stato lui a servirsi di Nichi. Ha riempito un teatro grazie a Nichi, che novembre ancor più di oggi era un fenomeno mediatico. Vinte le primarie il rapporto si è raffreddato. A marzo si è detto e scritto di una rivalità. E già allora fu il Pd, con il bersaniano Filippo Penati a mettere il dito nella piaga: «Nichi Vendola era a Milano per un incontro alla Bocconi - scrisse perfido l’ex presidente della Provincia- poteva fare anche qualcosa a sostegno di Pisapia ». Apriti cielo, nuova rissa a sinistra. Nessun commento di «Giuliano ». Addirittura si parlò di una notevole irritazione del governatore pugliese per quello che percepiva già come un potenziale concorrente interno, nell’area a sinistra del Pd. E forse sarà un caso, ma Sel è stato l’unico partito che non ha omesso sul simbolo il nome Pisapia, preferendo puntare proprio su Vendola. Il risultato elettorale della lista non è stato strabiliante, il 4,7%, con una «Sinistra per Pisapia» al 3,1 e una Milano civica al 3,9. Briciole rispetto alla visibilità mediatica di Giuliano, oggi sindaco della città (politicamente) più importante di Italia. Prevedibile che qualcuno si mettesse alla ricerca di «un Pisapia per l’Italia». Ha fiutato questo pericolo, Vendola, lunedì pomeriggio, quando si è precipitato a Milano. È strano che un affabulatore di platee come sbagli clamorosamente tempi e battuta dell’entrata in scena. Eppure se la sua calata nel teatro della vittoria, la caldissima piazza di Milano, è stata percepita come maldestra e intempestiva - un mezzo fiasco, politicamente parlando la ragione è proprio questa. Troppo fresco per Nichi il ricordo di un 25 aprile milanese in cui parlottava con un amico in un bar di corso Buenos Aires, ignorato un po’ da tutti. Per evitare che passasse l’idea di una vittoria di «Giuliano» è venuto a ricordare a tutti che chi ha vinto è un suo uomo, è il Vendola di Milano. Pisapia ha fatto capire che non intende porgere la testa a chi vuole solo metterci il cappello. In questo non è solo. I radicali per esempio da sempre lo incoraggiano a sganciarsi: «Non dalla politica - spiega il neoconsigliere Marco Cappato- ma dalla burocrazia dei partiti».
«La sua campagna è stata fuori dai partiti, speriamo che possa continuare su questa strada» riflette il pannelliano milanese. Ora il vero banco di prova sarà la formazione della giunta. Da nomi e deleghe si vedrà come e per quanto Pisapia riuscirà davvero a essere solo «Giuliano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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