Cronaca locale

Il governo non manda i computer: fermi 73mila permessi di soggiorno

Dopo il trasferimento delle pratiche alle Poste passano almeno 150 giorni per ottenere i documenti Mai arrivati in questura i 20 pc promessi dal Viminale

Innanzitutto un potenziamento dell’hardware. Venti nuove postazioni per la concessione e il rinnovo dei nuovi permessi di soggiorno elettronici (pse). Poi altre macchine per prendere le impronte destinate alla polizia Scientifica. Dovevano giungere a Milano nell’arco di pochi mesi per risolvere, secondo intenti e statistiche, al 75 per cento, i grossi rallentamenti causati dalla postalizzazione delle pratiche. Le aveva promesse quest’estate il Viminale alla questura di Milano dopo che, dall’11 dicembre scorso, il baricentro delle operazioni per la realizzazione dei permessi di soggiorno dalla qestura è stato spostato alle Poste e al Poligrafico dello Stato. Che ora detengono il monopolio della questione dei permessi. E sono mesi che tutti si lamentano di operazioni (inaspettatamente?) lente e piene di ostacoli tecnici (e, di conseguenza, pratici) portando a lunghi ritardi nella concessione e nel rinnovo del pse: basti pensare che tra la spedizione della busta, la presa in carico della pratica da parte della questura, la valutazione dell’istanza (che consta da 50 a 90 fogli) e la sola convocazione dello straniero (non, attenzione, il definitivo rilascio del pse) non passano mai meno di 70 giorni.
«Molte pratiche, infatti, risultano ancora bloccate solo perché il software del sistema informatico, riscontrando qualche anomalia anche solo formale, non le riconosce e le rifiuta: basta un semplice errore, magari di una sola lettera nello scrivere un nome o una strada e il computer rigetta l’intera istanza - spiegano i sindacati, associazioni di stranieri e operatori del settore -. Senza contare che se accade che il portale elettronico delle Poste si blocca, tutto resta fermo anche all’ufficio immigrazione. E la gente in attesa, che potrebbe dover aspettare ore, viene rispedita a casa per un successivo appuntamento. Con il risultato che, per completare la gestione delle pratiche per un permesso di soggiorno elettronico e ottenerlo, alla fine, ci vogliono in totale dai 120 ai 150 giorni, cioè quattro-cinque mesi. Per fortuna, proprio quest’estate, il ministero ha diffuso una circolare per le cosiddette eccezioni, per chi non poteva attendere un tempo infinito avendo bisogno del documento per lavorare, trovare un’occupazione, una casa, per non perdere la tessera sanitaria». Com’era accaduto, invece, l’inverno scorso a una ragazza straniera disabile proprio qui a Milano.
«Responsabile dei ritardi è anche il Poligrafico dello Stato che ancora molto raramente rispetta i 26 giorni dall’arrivo della pratica alla sua spedizione alla questura - aggiungono ancora i sindacati -. E il fatto che la polizia Scientifica sia dotata di poche macchine, rispetto a quelle realmente necessarie, per prendere le impronte agli stranieri che vengono convocati in questura per la scansione della foto e la firma».
Nel capoluogo lombardo - da sempre ritenuto un vero e proprio fiore all’occhiello in questo senso - fino al 2006 venivano distribuiti anche 15-16mila permessi di soggiorno al mese. Nel 2005 l’ufficio immigrazione di Milano ha sfornato 180mila permessi e 154mila nel 2006. Cifre da record, merito della grande efficienza dell’ufficio in questione e di una vasta rete di collaborazione anche con gli enti locali di Milano e provincia. Ebbene: dall’11 dicembre 2006 all’aprile 2007, con la postalizzazione delle pratiche, è stato possibile distribuire appena 10mila pse. E se ne sono accumulate 73mila.


Insomma: la questura di Milano, che ha in carico oltre 220mila stranieri extracomunitari ed era una «macchina da guerra» elaborata alla perfezione per correre veloce, negli ultimi tempi è stata costretta a rallentare l’andatura fino a perdere ben due terzi della propria efficienza a causa di questi errori di progettazioni e strategie dall’alto.

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