"Gli farò sputare sangue". E invece Emiliano abbraccia la linea del governo

Rispondendo a Calenda su Ilva in commissione industria, Emiliano ha detto di essere d’accordo con il decreto presentato dal governo delle destre. Quello a cui aveva detto di voler far “sputare sangue” nella "sua Stalingrado"

"Gli farò sputare sangue". E invece Emiliano abbraccia la linea del governo

Fermi tutti. Michele Emiliano, il pm del Pd, è d’accordo con il governo Meloni. Proprio quelli a cui aveva detto di voler far “sputare sangue” nella sua Stalingrado. E lo è proprio sul decreto Ilva, argomento su cui il governatore della Puglia ha litigato con tutto il Pd per imporre la sua linea “se potessi la chiuderei”.

Audito questa mattina in commissione industria al Senato ha detto di essere d’accordo su tutta la linea del decreto presentato dal governo. Che ricordiamo essere quella espressa direttamente dal presidente Meloni di voler fare tornare a essere Ilva “la più grande fabbrica siderurgica d’Europa”. Per riuscirci ovviamente oltre a un investimento economico lo Stato ha deciso di reinserire lo scudo penale tolto dal governo Conte che portò all’annullamento del contratto di investimento di Arcelor-Mittal.

E quindi se anni fa per Emiliano “lo scudo penale serve a Mittal per ammazzare la gente”, oggi magicamente “ha solo un valore psicologico, la regione Puglia non lo contrasterà, essendo d’accordo sulla linea politica del decreto”. In commissione c’è proprio Carlo Calenda, autore della legge che inserì lo scudo, che gli risponde: “Oggi scopriamo che il Governatore non è contro lo scudo penale, che prima considerava un obbrobrio giuridico. Quindi abbiamo perso 4,2 mld e un accordo blindato con Mittal eliminando lo scudo e ora lo reintroduciamo”.

Ma il senatore Misiani, responsabile economico del Pd, la settimana scorsa aveva già promesso battaglia dicendo che il decreto è "inammissibile e finaco vergognoso, reintrodurre lo scudo penale significa di poter operare senza rispondere di particolari responsabilità".

Addirittura Emiliano dice di essere d’accordo persino sul rigassificatore di Taranto, “che sarà piccolo”- dice lui- “ed è indispensabile sia che Ilva vada a forni elettrici sia che continui ad altoforni”. Proprio piccolo non sarà, il progetto presentato per il Terminale di ricezione e rigassificazione GNL di Taranto è di 12 miliardi di metri cubi di gas. Due volte e mezzo quello di Piombino. Più del Tap, il tubo invisibile per cui tanto casino ha fatto Emiliano. Che oggi è favorevole anche agli altoforni.

E anche al cementificio. E se nel decreto Ilva Urso avesse messo una bella trivella al centro di Taranto sarebbe d’accordo anche su quella. “Come si fa a chiedere decarbonizzazione e promettere che si manterrà occupazione e produzione” chiede Calenda? “Si fa” risponde Emiliano. “E lo sa che tutti gli accordi di programma firmati nel resto d’Italia non sono mai stati rispettati e hanno portato solo cassa integrazione a vita?”. Insiste Calenda. “No non lo sapevo” risponde Emiliano.

E’ notizia di oggi che a Piombino Jindal, l’azienda che Emiliano voleva in Ilva, che nell’accordo di programma aveva firmato la realizzazione di un forno elettrico, ha prorogato la cassa integrazione in deroga per un altro anno a 1.428 dipendenti, perché quel forno elettrico promesso dopo tre anni non l’ha mai fatto. Ma Emiliano non lo sa. Eppure Fim e Uilm glielo hanno detto tante volte.

Non sa neppure che la valutazione preventiva del danno sanitario, proprio in base alla legge della Regione Puglia del 2012 (c’era ancora Vendola) il Ministero dell’Ambiente l’ha chiesta nell’iter di riesame Aia con decreto direttoriale alle sue agenzie regionali Arpa e Asl, che si sono rifiutate di farla. E a giorni la pubblicherà il Ministero della Salute.

E quindi se prima Emiliano era contrari a un'Ilva a 6 milioni di tonnellate di produzione, oggi è favorevole alla stessa fabbrica con 8 milioni di tonnellate, l'altoforno 5, due forni elettrici, un rigassificatore, un cementificio, lo scudo penale, e chi più ne ha più ne metta.

La ragione di questa inversione a U di Emiliano, che certamente non è una novità per il governatore, non ha nulla a che fare con Ilva. Ma è di natura politica: ci sono tantissimi dossier e soprattutto soldi che tra Pnrr, Cis e Giochi del Mediterraneo devono arrivare in Puglia e a Taranto. E passano da dalle mani degli unici due veri nemici di Emliano, gli unici che in questi anni lo hanno contrastato mentre lui distribuiva poltrone a destra e a manca. Sono il ministro Raffaele Fitto e il sottosegretario Marcello Gemmato. Per questo oggi Emiliano ha bisogno di farsi largo nel governo ricorrendo alla captatio benevolentiae con altri ministri.

Il suo placet al decreto Ilva fa parte di questa strategia.

Ma ora il Partito Democratico che fa, segue la linea del governatore che al tavolo di fronte ai sindacati e a Urso ha detto “finalmente abbiamo un governo che segue la nostra linea”, e vota "sì" al decreto?

O segue la linea dei 5 stelle, che pur essendo nella maggioranza di Emiliano, continuano a dire per voce del vicepresidente Mario

Turco che questo decreto che piace cosi tanto a Emiliano è “una licenza di uccidere?”. Al comune di Taranto proprio su questo argomento il sindaco ha già cacciato i 5 stelle della maggioranza.

E sulle posizioni assunte su Ilva, considerando la crucialità dei temi che coinvolge, hanno già perso tanti voti.

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