I fatti contano non le chiacchiere. Non sono uno sfegatato della Meloni ma bisogna avere l'onestà di riconoscere che si è rivelata molto più in gamba del privisto, nonostante la mediocrità di alcuni ministri. Da ex-imprenditore con legami internazionali e di formazione francese cartesiana, prediligo i fatti. Nel caso specifico del governo attuale, dopo tre anni, la maggior parte dei fatti sono positivi, oltre ogni previsione. Primo, la stabilità del governo con una maggioranza che non ha visto nessuna erosione dei numeri, come si é verificato spesso, basta ricordare i governi Prodi, Renzi o Conte, tutti finiti male. Secondo, Giorgetti si é dimostrato abile con le tre finanziarie, prudente e accorto per coprire le follie del reddito di cittadinanza ed i vari superbonus di Conte. Terzo, il calo storico dello spread sui bond tedeschi nonché sui titoli pubblici italiani che non si verificava da anni. Quarto, il giudizio unanime di tutte le organizzazioni internazionali, a partire dalle società di rating, che premiato l'Italia, quando per anni siamo stati a rischio di finire nei titoli spazzatura. Quinto, la diminuzione continua del tasso di disoccupazione, adesso al 6 %, in linea con i principali Paesi europei. Sesto, gli elogi unanimi di politici e della stampa straniera, avvezzi a criticare l'Italia, come il giornale francese Le Monde o il Financial Times che adesso non lesinano elogi alla Meloni ed al ruolo dell'Italia nel mondo. Cordiali saluti
Gerardo Paoletti
Luino
Caro Gerardo,
ti ringrazio per la tua lettera, che ha il raro pregio di partire da ciò che oggi viene sistematicamente evitato: i fatti. In un Paese in cui l'opinione ha ormai soppiantato la realtà, tu compi un gesto quasi sovversivo limitandoti a osservare i numeri, i risultati, le conseguenze concrete dell'azione di governo. È un metodo antico, cartesiano come giustamente lo definisci, ma anche l'unico che consenta di giudicare senza farsi accecare dal tifo o dal pregiudizio.
Io non ho mai nascosto di stimare Giorgia Meloni. L'ho fatto quando era derisa, sottovalutata, liquidata come una meteora folkloristica o, peggio, come un pericolo per la democrazia. Le stesse persone che oggi fingono di stupirsi dei risultati sono quelle che ieri la descrivevano come inadatta, rozza, incapace di reggere un consesso internazionale. La verità è che Meloni è stata vittima di un pregiudizio doppio: politico e culturale. Di destra, dunque, automaticamente inaffidabile. Donna, dunque presunta incompetente. Ha smentito entrambi con i fatti.
Tu elenchi punti che nessuna invettiva ideologica può cancellare. La stabilità del governo, anzitutto. In un Paese abituato a maggioranze ballerine, governi fragili, ricatti quotidiani, transfughi e coltellate notturne, il fatto che dopo tre anni l'esecutivo sia ancora in piedi, compatto nei numeri e nella linea, è già di per sé un risultato politico rilevante. Basta ricordare la fine ingloriosa degli esecutivi osannati dalla stampa e naufragati in pochi mesi per capire la differenza. Sul piano economico, Giorgetti ha svolto un lavoro che definirei di bonifica. Ha ereditato un terreno minato da misure dissennate: reddito di cittadinanza usato come anestetico sociale e superbonus trasformato in una voragine di debito pubblico. Ha scelto la prudenza, che in Italia viene sempre scambiata per mediocrità. E invece è stata lungimiranza. I mercati lo hanno capito prima di molti commentatori da salotto.
Il calo dello spread, la fiducia ritrovata degli investitori, il miglioramento dei giudizi delle agenzie di rating non sono carezze ideologiche, ma segnali concreti. Per anni l'Italia è stata osservata come un malato cronico sotto flebo. Oggi non è guarita, ma è tornata credibile. E la credibilità, in economia come in politica estera, vale più di mille proclami. Sul fronte del lavoro, la diminuzione della disoccupazione al 6% è un dato che andrebbe inciso nella pietra. Non perché risolva tutto, ma perché smentisce una narrazione tossica secondo cui senza assistenzialismo lo Stato condannerebbe i cittadini alla miseria. È accaduto l'opposto: meno sussidi a pioggia, più lavoro vero.
Quanto al prestigio internazionale, qui il cambio di passo è evidente anche ai più distratti. L'Italia non è più il Paese da commissariare o compatire. È tornata interlocutrice. Che giornali come Le Monde o il Financial Times, mai teneri con noi in passato, riconoscano autorevolezza a Meloni non è una concessione benevola, ma una presa d'atto. L'Italia è tornata a stare in piedi, e questo all'estero lo vedono chiaramente, forse più che in patria.
Ciò non significa che tutto sia perfetto. Ma i governi non si giudicano per la perfezione estetica, bensì per la direzione e per i risultati. E la direzione impressa da Meloni è stata chiara, coerente e sorprendentemente efficace.
In conclusione, tu dici una cosa che condivido pienamente: non è questione di essere sfegatati. È questione di essere onesti. E l'onestà intellettuale impone di riconoscere che Giorgia Meloni si è rivelata una statista solida, capace, determinata. Una leader che ha restituito all'Italia un pezzo di dignità e di credibilità che sembravano smarrite.
In tempi di politica urlata e di analisi isteriche, attenersi ai fatti è un atto di igiene mentale. Continua a farlo. È il modo migliore per capire dove stiamo andando.
Brava, Giorgia. E anche Giorgetti.