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Nordio sfida Anm e dem. Scintille sul caso Almasri

L’arresto in Germania del complice del generale riapre le polemiche. "Censurato da un magistrato"

Nordio sfida Anm e dem. Scintille sul caso Almasri

Cose da pazzi. La Procura generale presso la Cassazione di Roma ha scarcerato il criminale di guerra Almasri sbagliando ad applicare la legge che regola i rapporti con la Corte penale internazionale, ma anziché fare autocritica accusa il Guardasigilli Carlo Nordio di averlo liberato lui, in spregio a qualsiasi norma giuridica e anche al buon senso, anche perché il ministro è ancora sottoposto a indagine, coperta da segreto istruttorio, innanzi al Tribunale dei Ministri.
Ma appena il Guardasigilli ricorda che quando un magistrato in servizio attacca un ministro che non può replicare rischia la sanzione disciplinare l’Anm insorge. Più che gli «infermieri» e una sorta di Tso evocato per le toghe da Nordio, servirebbe un provvedimento che presto il ministro manderà al Csm per chiedere la censura contro Raffaele Piccirillo, autore a suo dire di «esondazioni improprie» di chi è convinto «di godere di una impunità tale da poter dire quello che vuole» sapendo che difficilmente l’organo di autogoverno della magistratura non si autodifenderà.
Anzi, togati e laici di sinistra come Mariafrancesca Abenavoli, Marcello Basilico, Marco Bisogni, Ernesto Carbone, Maurizio Carbone, Genantonio Chiarelli, Edoardo Cilenti, Antonello Cosentino, Roberto D'Auria, Paola D'Ovidio, Roberto Fontana, Michele Forziati, Antonino Laganà, Domenica Miele, Andrea Mirenda, Tullio Morello, Eligio Paolini, Michele Papa, Roberto Romboli e Dario Scaletta chiedono al Csm di proteggere Piccirillo dai «dileggi» del ministro.
La polemica su Almasri scoppia quando la Germania dà esecuzione al mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale contro il suo braccio destro Khaled al Hisri, noto come Al-Bout, sospettato di crimini contro l'umanità e crimini di guerra, torture, stupri e violenze nel carcere di Mitiga diretto dal criminale libico. $ bastato che la Germania venisse lodata per l’arresto a riaccendere lo scontro.
All’evento Parlate di mafia organizzato a Roma da Fdi, Nordio torna sull’intervista a Repubblica concessa al sostituto Pg che secondo il titolare di Via Arenula «si è permesso di indicare tutti gli errori che avrei fatto», il Csm è rimasto a guardare e Nordio lo associa al «conflitto d’interessi» di un organismo «composto da persone elette da quelli che devono essere giudicati. $ per questo che hanno paura della riforma della giustizia che prevede il sorteggio per il Csm e l’Alta Corte di Giustizia assolutamente indipendente, ed è per questo la faremo».
L’Anm, impegnato nella battaglia politica sul referendum anti riforma, coglie la provocazione e scaglia la solita dose di «sdegno e viva preoccupazione» contro il ministro e le sue parole gravi che confermerebbero la sua volontà di «intimidire, indebolire e infine ridurre al silenzio la magistratura».
Se il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli ricorda il rigore nell’attività disciplinare, respingendo le ipotetiche influenze «di gruppi associativi o di presunte camere di compensazione», l’opposizione con Debora Serracchiani, Alessandro Zan e Francesco Boccia denuncia «il modello di giustizia alla Donald Trump» che avrebbe in mente Nordio, ovvero «sottomissione della magistratura al potere politico e provvedimenti contro chi disubbidisce», i grillini blaterano di «lesa maestrà», mentre Rocco Maruotti di Md invoca «la libertà di manifestazione del pensiero è un diritto garantito dall’articolo 21 della Costituzione».
■ La borsa di Paolo Borsellino, nella teca dei corridoi di Montecitorio, è annerita dalle bombe e accartocciata dai depistaggi. Ma si riempie subiti di speranze e di fatti, vecchi e nuovi, quando arrivano le delegazione dei parlamentari di Fratelli d’Italia a rendere omaggio al giudice ucciso il 19 luglio del 1992. Anche lontano da telecamere e taccuini sfilano i «suoi» ragazzi, cresciuti nel mito di un uomo «che in quei 57 giorni ha corso il tempo e contro la sua vita, andando consapevolmente incontro alla sua morte», come ci sussurrala presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo, usando le stesse parole e la stessa determinazione esibita alla kermesse Fdi poco lontano. A partire da Giorgia Meloni «che aveva 15 anni quando ha detto “devo fare qualcosa”», ricorda il capogruppo al Senato Lucio Malan.
C’è il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, i parlamentari Paolo Trancassini, Marco Perissa, Francesco Filini, che Sara Kelany che hanno organizzato la quarta edizione della kermesse, ci sono i ministri dell’Interno e della Giustizia Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il sottosegretario Andrea Delmastro, secondo cui «nel contrasto alla criminalità il governo non retrocederà mai».
«Il 19 maggio, prima delle stragi, 47 deputati del Msi lo avevano votato alla presidenza della Repubblica. Ecco, io sono pienamente fieramente erede di quella storia politica», ripete Bignami, convinto che «gli attacchi di certa sinistra testimoniano che siamo sulla strada giusta». «Nessuno può insegnare alla destra italiana cos’è la lotta alla mafia», ribadisce Filini.

I ragazzini che vissero la stagione delle stragi davanti alla tv oggi sono al potere. «Partì tutto da lì», ricorda la responsabile della segreteria politica Arianna Meloni, fu quel sangue la molla che li spinse «a fare politica, portan.

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