Guarnieri o Pacifico, vola il monologo

Guarnieri o Pacifico, vola il monologo

I monologhi hanno costi di produzione contenuti: ecco perché abbondano nei cartelloni dei grandi teatri. Però la formula molto in voga del one man show del personaggio televisivo di turno non è l'unica strada per far quadrare i conti. In alternativa si possono sperimentare nuove modalità di produzione, magari facendo interagire collaudate istituzioni teatrali e scuole di recitazione. È ciò che avvenuto con Quel che volete («La dodicesima notte»), uno spettacolo con la regia Lorenzo Loris, in scena all'Out Off sino al 22 dicembre, che può contare infatti su di un ampio cast di attori ventenni provenienti dall'Accademia dei Filodrammatici.
Ma si può anche recuperare il senso autentico del genere-monologo: una speciale forma di intimità tra interprete e spettatore. Come accade con Eleonora, ultima notte a Pittsburgh, in cartellone al Franco Parenti fino al 4 dicembre. Diretta da un regista sensibile e rigoroso come Maurizio Scaparro, Anna Maria Guarnieri si cala nei panni di una Eleonora Duse al crepuscolo. Sul palcoscenico rivivono le ossessioni, le bizzarrie, gli amori di una diva esemplare, sulla quale in fondo si è modellato il concetto stesso di divismo. Scaparro insiste però sulla «vitalità disperata», sull'inquietudine mai lenita di una donna nata a Vigevano, in una camera d'albergo, nel 1858 e morta a Pittsburgh, in una camera d'albergo, nel 1924. Tutt'altra musica, nel senso letterale dell'espressione, all'Elfo Puccini, dove fino al 27 novembre è in scena Boxe a Milano - Reading e canzoni inedite di Pacifico. Dalla scorsa stagione Luigi De Crescenzo, in arte Pacifico, sta sperimentando una nuova formula di teatro musicale, nella quale far convergere il suo talento di autore e interprete, e la sua spiccata capacità affabulatoria.
In Boxe a Milano, il più prezioso collaboratore di Gianna Nannini racconta la vita di un ex pugile, Agostino Sella: un uomo «mite e disperato», a tratti privo di memoria per i troppi colpi incassati, che in una casa popolare della periferia di Milano raccoglie le confessioni dei suoi vicini di casa. Di un caso-limite parla anche Il ritratto della salute in scena al Ringhiera fino al 4 dicembre.

Diretta da Mattia Fabris, Chiara Stoppa racconta di come ci si può ritrovare malati di tumore a vent'anni, si può diventare oggetti di terapie tanto radicali quanto inefficaci, si può coraggiosamente decidere di riappropriarsi del corpo dopo averlo alienato ai medici: il tutto in «un monologo che - secondo Franca Valeri - grazie alla sua comicità disarmante, ci affligge una profonda e sobria commozione».

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