Hamas, i soldi del Qatar e il Mossad: l'azzardo (perso) di Netanyahu

In un reporage del New York Times, sono apparse indiscrezioni sulla strategia del premier israeliano volta al sostegno di Doha all'organizzazione islamista

Hamas, i soldi del Qatar e il Mossad: l'azzardo (perso) di Netanyahu
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Una pioggia di soldi dal Qatar in cambio di una relativa stabilità politica nella Striscia di Gaza e, di conseguenza, un progressivo abbandono dei punti più importanti della causa palestinese. Si può sintetizzare così, per i giornalisti del New York Times, il tacito accordo tra Netanyahu e Doha per il finanziamento qatariota di Hamas. Dal piccolo Stato del Golfo negli anni sono arrivati importanti quantità di petrodollari a favore del movimento palestinese. Così come già risaputo da indiscrezioni apparse anche sulla stampa israeliana, il premier israeliano non ha opposto rimostranze all'arrivo dei soldi all'interno di Gaza.

L'indiscrezione raccolta dal Nyt

Nella ricostruzione del quotidiano della Grande Mela, si fa riferimento a un viaggio compiuto a Doha dal capo del Mossad, David Barnea. La trasferta sulle rive del Golfo è avvenuta pochi giorni prima del 7 ottobre, data dell'attacco di Hamas e delle stragi attuate dal movimento islamista in territorio israeliano.

Nel viaggio, secondo i giornalisti statunitensi, Barnea ha riportato il parere favorevole o comunque la non ostilità alla prosecuzione dei finanziamenti erogati dal Qatar ad Hamas. In poche parole, Israele era a conoscenza dei progetti di Doha di girare svariate e importanti quantità di petrodollari all'organizzazione. Tuttavia, Netanyahu e il suo gabinetto non hanno opposto resistenza alle velleità qatariote.

Mandare il capo del Mossad a Doha per far sapere le opinioni del governo, vuol dire non solo astenersi dal mettersi di traverso ai piani del Qatar ma dargli addirittura un implicito appoggio. Netanyahu, come ricostruito dal Nyt, vedeva nell'erogazione di fondi ad Hamas un modo per ridimensionare le portate del pericolo provenienti dalla Striscia di Gaza. Con i soldi di Doha infatti, il movimento islamista poteva pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, acquistare carburante e mantenere in funzione le centrali elettriche.

I fondi erogati da Doha quindi permettevano ad Hamas di controllare senza grossi problemi Gaza, sia a livello politico che economico. Per Israele, questa parvenza di stabilità dentro la Striscia avrebbe potuto allontanare per sempre ogni velleità di azione contro propri obiettivi e avrebbe potuto far desistere Hamas dal mandare avanti la guerra contro lo Stato ebraico.

Le possibili conseguenze per Netanyahu

Le previsioni del premier israeliano si sono però rivelate infondate. Hamas non ha abbandonato alcun piano contro Israele e il 7 ottobre le forze di sicurezza del Paese si sono fatte sorprendere. Del suo assenso all'arrivo dei soldi da Doha, Netanyahu potrebbe risponderne sotto il profilo politico per due motivi ben precisi.

Da un lato, dalle rivelazioni del Nyt emerge come il premier israeliano non era favorevole allo smantellamento di Hamas.

Obiettivo quest'ultimo divenuto prioritario nella guerra che l'esercito sta conducendo dentro Gaza. Dall'altro lato, la convinzione di Netanyahu di addomesticare Hamas con i fondi del Qatar potrebbe aver portato le forze di sicurezza a sottovalutare la minaccia del movimento islamista.

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