L'assalto e gli spari in aria: Gaza nel caos per la consegna degli aiuti. Accuse tra Israele e ONU

Scene di caos a Rafah: folla affamata assalta centro aiuti, spari e feriti. GHF sospende le attività. ONU e ONG criticano il sistema israeliano. Netanyahu: “Situazione sotto controllo”

L'assalto e gli spari in aria: Gaza nel caos per la consegna degli aiuti. Accuse tra Israele e ONU
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Scene di panico e violenza hanno segnato il secondo giorno di operazioni di distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, dove migliaia di palestinesi affamati hanno preso d’assalto un centro allestito nella zona di Rafah. La struttura, gestita dalla nuova Global Humanitarian Foundation (GHF) con il sostegno degli Stati Uniti, è stata invasa dopo che le folle hanno abbattuto le recinzioni per accedere ai viveri.

I soldati israeliani, dislocati nelle vicinanze, hanno esploso colpi di avvertimento, provocando la fuga caotica dei presenti. Un elicottero militare è intervenuto lanciando bengala, mentre almeno tre feriti sono stati visti lasciare l’area, uno di loro insanguinato a una gamba. Testimoni hanno raccontato di lunghe attese, controlli con riconoscimento facciale e ricerche personali prima di ricevere le scatole con cibo essenziale. Ma la situazione è degenerata rapidamente. Poche persone sono riuscite a ottenere pacchi contenenti beni di prima necessità, mentre la maggioranza è tornata a mani vuote.

La GHF, che impiega contractor armati e ha allestito quattro hub nella Striscia, ha dichiarato di aver temporaneamente sospeso le attività per motivi di sicurezza, seguendo i suoi protocolli per evitare vittime. Le Nazioni Unite e numerose ONG, tuttavia, hanno deciso di non collaborare con il nuovo sistema, definendolo inadeguato a soddisfare le esigenze di 2,3 milioni di persone e in violazione dei principi umanitari. Il meccanismo – accusano – potrebbe favorire lo spostamento forzato della popolazione, costretta a raggiungere poche aree di distribuzione per non morire di fame.

Il disastro umanitario si svolge sullo sfondo di un duro scontro politico tra Israele e le Nazioni Unite. Il COGAT, l’agenzia militare israeliana che coordina gli aiuti nei Territori palestinesi, ha denunciato l’inattività dell’ONU nonostante la disponibilità di oltre 400 camion di aiuti bloccati al valico di Kerem Shalom. “Abbiamo fatto la nostra parte, ampliato le rotte, esteso gli orari, e informato tutte le organizzazioni umanitarie. Ma l’ONU si rifiuta di agire e diffonde informazioni distorte”, ha dichiarato il generale Ghassan Alian, capo del COGAT.

Israele sostiene che il nuovo sistema sia necessario per impedire a Hamas di appropriarsi degli aiuti, un'accusa che l’ONU respinge. Dal canto suo, Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA), ha spiegato che le vie indicate da Israele sono troppo pericolose e che le quantità di aiuti autorizzate nell’ultima settimana sono “drasticamente insufficienti”. Anche il governo statunitense è intervenuto nella polemica. Tammy Bruce, portavoce del Dipartimento di Stato, ha criticato duramente l’atteggiamento dell’ONU, definendolo “il colmo dell’ipocrisia”. “Il vero problema è far arrivare il cibo, non discutere su chi lo consegna” ha affermato.

Nel frattempo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha minimizzato i disordini a Rafah: “C’è stato un momento di perdita di controllo, ma siamo riusciti a ristabilire la situazione”. Ha inoltre ribadito l’intenzione di creare una “zona sicura” nel sud della Striscia, dove trasferire temporaneamente la popolazione mentre l’esercito prosegue le operazioni contro Hamas.

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