"O noi o loro". La Gaza del futuro secondo Israele scatena accuse di pulizia etnica

"La migrazione volontaria dei gazawi può avvenire solo con Netanyahu e Trump", scrive la ministra pubblicando un video in cui spuntano resort, yacht e grattacieli

"O noi o loro". La Gaza del futuro secondo Israele scatena accuse di pulizia etnica
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La ministra israeliana dell’Innovazione, Gila Gamliel, ha sollevato un'ondata di polemiche pubblicando su X un video generato con intelligenza artificiale che immagina una Gaza futura radicalmente trasformata: dalle rovine del presente emerge una località costiera di lusso, popolata da resort, yacht, nightlife e grattacieli futuristici, tra cui una Trump Tower.

Nel video, in stile propagandistico simile a quello diffuso mesi fa da Donald Trump, si vedono anche lo stesso presidente Usa e il premier israeliano Benyamin Netanyahu passeggiare sorridenti lungo il lungomare, insieme a Melania Trump, tra applausi e fuochi d’artificio. A corredo del filmato, Gamliel scrive: "La migrazione volontaria dei gazawi può avvenire solo con Netanyahu e Trump", accompagnando il messaggio con lo slogan “O noi o loro!”. Una frase che ha scatenato critiche durissime, con accuse di incitamento alla pulizia etnica da parte di numerosi commentatori.

La ministra israeliana ha allegato al suo controverso post su X un documento di nove pagine intitolato “Alternative a una direttiva politica per la popolazione civile di Gaza”, che – sostiene – sarebbe già stato presentato al governo. Il piano esplora diverse opzioni per il futuro della Striscia di Gaza, tra cui il trasferimento, temporaneo o permanente, della popolazione civile verso aree sicure all'interno o all'esterno di Gaza; la creazione di una zona umanitaria sotto controllo internazionale; l'affidamento della gestione della popolazione a soggetti arabi o a organismi internazionali; l’istituzione di un’amministrazione militare provvisoria da parte di Israele. Il testo, pur ammettendo i vincoli del diritto internazionale umanitario, prende in considerazione anche i possibili rischi legali, come l’accusa di crimini di guerra in caso di ricorso a misure estreme come lo sfollamento forzato.

Dal fronte la situazione resta drammatica. Le Forze di Difesa israeliane si sono ritirate completamente dall’area meridionale di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale, dopo appena tre giorni di operazioni. Secondo fonti palestinesi, il ritiro è avvenuto lasciando dietro di sé gravi danni a infrastrutture civili e terreni agricoli. Sul fronte diplomatico, i mediatori di Qatar ed Egitto hanno ricevuto una risposta da Hamas all’ultima proposta di cessate-il-fuoco e rilascio degli ostaggi, ma secondo fonti vicine ai negoziati, la replica è stata giudicata insoddisfacente. "Hamas continua a porre condizioni irrealistiche", hanno dichiarato fonti israeliane, aggiungendo che la squadra negoziale è attualmente a Doha per proseguire i colloqui.

Intanto, il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza continua a crescere. Secondo il ministero della Salute controllato da Hamas, gli attacchi israeliani nelle ultime 24 ore hanno causato 113 morti e 534 feriti. Tra le vittime, almeno 34 persone si trovavano in fila per ricevere aiuti umanitari.

Il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, ha affermato che il Paese è "vicinissimo" a raggiungere gli obiettivi bellici fissati dopo l’attacco del 7 ottobre, ma ha sottolineato la necessità di un’azione decisa sugli ultimi due fronti attivi: Gaza e Yemen.

L’annuncio è arrivato al termine di una riunione con i vertici militari e delle agenzie di intelligence, tra cui il capo di Stato maggiore delle IDF Eyal Zamir, alti ufficiali dello Shin Bet e rappresentanti del Mossad.

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