La svolta di Netanyahu e il piano per la Striscia: ecco come Israele vuole occupare Gaza

Tel Aviv accelera verso l’occupazione di Gaza tra divergenze interne, pressing degli alleati e crisi umanitaria

La svolta di Netanyahu e il piano per la Striscia: ecco come Israele vuole occupare Gaza
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L’obiettivo dichiarato da Benjamin Netanyahu è ormai ufficiale: il controllo completo della Striscia di Gaza. Un piano che prevede il ritorno allo scenario precedente al 2005, quando Ariel Sharon ordinò lo smantellamento di quindici colonie israeliane nell’enclave. Il rapporto con Washington resta la chiave di volta. Dopo mesi di tensione con Joe Biden, Netanyahu ha trovato sponda in Donald Trump, che avrebbe autorizzato un’operazione militare su larga scala. L’intesa sarebbe stata definita durante la visita a Gerusalemme dell’inviato speciale Steve Witkoff.

Il cambio di passo di Netanyahu

Ma facciamo un breve recap. A gennaio, il premier israeliano aveva accettato con riluttanza una tregua mediata anche dagli Stati Uniti, che consentì lo scambio di prigionieri e l’ingresso di aiuti umanitari. Trump ne trasse beneficio d’immagine come “pacificatore”. La linea è mutata a marzo, quando Netanyahu ha ripreso i bombardamenti, certo che dall’alleato americano non sarebbero arrivate reazioni dure. Una rivoluzione copernicana rispetto all’era Biden, che dal 7 di ottobre 2023 aveva puntato tutto sull'invio di aiuti militari, chiedendo però in cambio l'utopia di un progetto generale di pacificazione che rilanciasse Oslo 1993.

Fonti governative ora fanno trapelare che “la decisione di occupare Gaza è presa”. Una scelta che smentisce perfino un passato non troppo recente dello stesso Netanyahu che, durante il suo primo mandato da premier, calò il capo innanzi a Bill Clinton e agli accordi di Wye Plantation, che prevedevano la nascita di uno Stato palestinese e una parziale partizione di Gerusalemme. Un errore che lo stesso leader israeliano ora ammette pubblicamente. Nonostante il pressing internazionale, specie da parte europea, non ha timori nel dirsi apertamente contrario all’idea della della terra in cambio della pace.

Le perplessità dei militari e la spinta dei coloni

Nonostante le perplessità del capo di stato maggiore Eyal Zamir — secondo cui un’operazione del genere richiederebbe anni — l’ala ultranazionalista del governo, guidata dai ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, spinge per l’annessione totale della Striscia e della Cisgiordania. Le riunioni tra leader dei coloni parlano apertamente di espulsioni di massa, con incentivi economici o pressioni dirette per costringere i palestinesi a lasciare le loro terre. L’idea è riaprire gli insediamenti di Gaza, nonostante i costi e i rischi di una guerriglia più determinata che mai. I sondaggi tra i cittadini israeliani, intanto, continuano a mostrare che una netta maggioranza è favorevole all’annessione dei territori occupati.

"Abbiamo un governo guidato da visione messianica estremista che non ha alcun collegamento con la realtà. Ne fanno parte ministri che non hanno mai servito un giorno in vita loro, che anelano al ripristino degli insediamenti a Gaza a costo del sangue dei nostri figli. L'annessione della Striscia equivarrebbe alla distruzione di Israele". Lo afferma, in un'intervista a Repubblica, Yair Golan, l'ex generale e numero due dell'Idf, eroe del 7 ottobre che ora guida le manifestazioni. "Bisogna fermare la guerra a Gaza e riportare a casa gli ostaggi". Come? «Avremmo potuto raggiungere un accordo sugli ostaggi più di un anno fa. È sempre lo stesso accordo: un cessate il fuoco permanente, il rilascio degli ostaggi, il rilascio dei prigionieri palestinesi e il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane dalla maggior parte della Striscia di Gaza".

Sa’ar in partenza per New York, la parola agli analisti

Secondo analisti israeliani, la fuga di notizie sull’operazione potrebbe essere anche un’arma negoziale per aumentare la pressione su Hamas, che a sua volta “non ha più nulla da perdere”. Le Idf, però, avvertono che la vittoria non è imminente: i militari combattono da quasi due anni, con frequenti richiami in servizio, e affrontano una resistenza radicata in un contesto urbano ostile. Netanyahu ha garantito a Washington un incremento del flusso di aiuti umanitari, ma bilanciare convogli di cibo e operazioni belliche resta un’impresa complicata. Le immagini di due ostaggi ventenni ridotti allo stremo — diffuse nelle ultime ore — hanno spinto la Croce Rossa e l’Oms a chiedere il rilascio immediato dei prigionieri e l’accesso a cure e alimenti.

Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar è in partenza per New York, dove l’Onu terrà una sessione straordinaria sugli ostaggi. Intanto il governo israeliano ha tentato di rimuovere la procuratrice generale Gali Baharav‑Miara, decisione sospesa dalla Corte Suprema.

Decine di ex capi di Mossad, Shin Bet e IDF, insieme a 600 ex funzionari della sicurezza, ora chiedono pubblicamente la fine della guerra. Intanto, coloni già si preparano a riaprire gli insediamenti di Gaza che furono smantellati nel 2005.

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