
L'esercito israeliano è entrato a Gaza City. Intorno alle undici italiane (mezzanotte a Gaza) di ieri è cominciata l'offensiva dell'Idf nella striscia con un attacco coordinato di aerei da guerra, artiglieria e droni. In tutta l'area circostante la striscia gli attacchi hanno causato forti esplosioni udibili nel centro e sud Israele con oltre trentasette raid in venti minuti . Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: «Grazie Presidente Trump per il suo incondizionato sostegno alla battaglia di Israele contro Hamas e al rilascio di tutti i nostri ostaggi».
L'attacco israeliano a Gaza City è definito dall'Idf come la «battaglia finale». I segnali di un attacco c'erano tutti già dal pomeriggio di ieri, non a caso sono stati chiusi i siti della Gaza Humanitarian Foundation e degli altri centri di distribuzione degli aiuti ai visitatori esterni. Inoltre l'esercito israeliano ha schierato al confine nord di Gaza centinaia di carri armati, mezzi corazzati e bulldozer. Il piano di attacco dell'operazione L'attacco dovrebbe essere stato preceduto da un bombardamento dell'aeronautica nei luoghi in cui Hamas continua ad avere una propria presenza. Negli ultimi giorni Israele ha intensificato gli avvertimenti ai residenti di evacuare Gaza City verso la parte sud della striscia.
Sebbene secondo le stime dell'esercito israeliano 320mila palestinesi abbiamo evacuato Gaza City e altre lo stiano facendo nelle ultime ore, rimane il problema delle migliaia di civili a cui Hamas sta impedendo l'evacuazione.
«Mentre i leader di Hamas cercano di lasciare la striscia - ci spiega un funzionario israeliano - impediscono con le minacce e l'uso della forza a tanti palestinesi di andarsene». Gli chiediamo in che modo Hamas minacci i civili: «vanno nelle loro case armati intimando di non andarsene altrimenti li uccideranno».
Nonostante i quasi due anni di guerra Hamas continua ad essere presente nella striscia e, se è stato senza dubbio indebolito, è ancora in grado di agire, da qui la scelta di attaccare Gaza City.
Intanto, da quanto si apprende, Hamas ha trasferito gli ostaggi israeliani dai tunnel in superficie, in case e tende, per impedire all'esercito di operare in determinate aree.
La notizia è stata resa nota dalla madre dell'ostaggio Guy Gilboa-Dalal che ha dichiarato di essere stata informata che suo figlio è trattenuto «in superficie» a Gaza City dopo che la settimana scorsa Hamas ha pubblicato un video in cui lo si vedeva sul sedile posteriore di un'auto.
Il sentimento condiviso tra i funzionari e i militari con cui parliamo nell'area al confine con Gaza è che la guerra non possa terminare finché Hamas non sarà del tutto distrutta. Non è un'opinione condivisa da tutta l'opinione pubblica israeliana che, come dimostrano le manifestazioni delle scorse settimane, è divisa. Anche tra le famiglie degli ostaggi c'è chi vorrebbe porre fine al conflitto e raggiungere un accordo per la liberazione degli israliani ancora nelle mani dei terroristi. In una delle aree vicine alla Striscia incontriamo Yaron Buskila, già Vice comandante capo della divisione della Striscia di Gaza: «ci sono due motivazioni per cui l'ingresso dell'esercito israeliano a Gaza City è imminente.
Anzitutto perché le condizioni dei nostri ostaggi sono pessime e dobbiamo agire, in secondo luogo perché stiamo mandando i civili verso sud da giorni». Buskila, che conosce bene il territorio della striscia, aggiunge che «non possiamo lasciare Gaza finché Hamas non sarà sconfitto del tutto.
Basti pensare che ancora oggi nella striscia si trova una figura come Ezz al-Din al-Hadad che si è macchiato di gravi crimini ed è oggi il leader di Hamas». La chiave per comprendere le azioni di Israele è tutta nelle sue parole.