Guerra in Israele

L'ira di Netanyahu dopo il colloquio con Biden: "No a diktat". E l'Egitto costruisce un muro al confine

Telefonata di 40 minuti tra i due leader. Pressing del presidente Usa sul premier israeliano, che denuncia "pressioni internazionali" per accettare uno Stato palestinese

L'ira di Netanyahu dopo il colloquio con Biden: "No a diktat". E l'Egitto costruisce un muro

Ascolta ora: "L'ira di Netanyahu dopo il colloquio con Biden: "No a diktat". E l'Egitto costruisce un muro"

L'ira di Netanyahu dopo il colloquio con Biden: "No a diktat". E l'Egitto costruisce un muro

00:00 / 00:00
100 %

La tensione ormai è palpabile, tanto che uno dei due avrebbe fatto addirittura ricorso a insulti pesanti. Non riescono ad andare d’accordo Joe Biden e Benjamin Netanyahu. Il presidente Usa e il primo ministro israeliano hanno avuto ieri un colloquio telefonico – l’ennesimo nell’ultimo periodo – lungo circa 40 minuti. Durante la telefonata, Biden ha avvertito ancora una volta Netanyahu delle conseguenze negative che un’eventuale offensiva militare dello Stato ebraico a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, potrebbe avere non solo sui rapporti bilaterali ma sui tentativi di costruire una pace e restituire stabilità alla comunità palestinese nella regione in cerca di uno Stato.

Secondo l’inquilino della Casa Bianca, la priorità di Israele dovrebbe essere quella di preparare un "piano credibile ed eseguibile" che garantisca la sicurezza dei civili palestinesi. Il portavoce per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha approfondito la linea Usa, condivisa da Canada, Nuova Zelanda e Australia in una dichiarazione congiunta. Attaccare Rafah, spiega il funzionario statunitense, sarebbe una "catastrofe" per la popolazione alla frontiera con l'Egitto, in quanto non avrebbe nessun altro luogo dove ripararsi.

Reazione poco diplomatica quella del premier israeliano, che nella notte tra giovedì e venerdì ha scritto un messaggio sui social per rimarcare la sua contrarietà a quelle che lui ha definito "pressioni per accettare uno Stato palestinese" che il suo Paese non subirà. "Le mie posizioni – ha commentato su X Netanyahu – possono essere riassunte nelle seguenti due frasi: Israele rifiuta categoricamente i dettami internazionali per quanto riguarda un accordo permanente con i palestinesi. Tale accordo sarà raggiunto solo attraverso negoziati diretti tra le parti, senza precondizioni".

L'opposizione di Tel Aviv alle condizioni di Washington sembra destinata a durare anche alla luce dell'esito fallimentare delle trattative con Hamas. Ieri i militari delle Idf hanno preso di mira l'ospedale al Nasser con l'obiettivo – a detta del portavoce Daniel Hagari – di trovare gli ostaggi. "Israele – prosegue il capo del governo – continuerà a opporsi al riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese. Tale riconoscimento, sulla scia del massacro del 7 ottobre, darebbe un'enorme ricompensa a un terrorismo senza precedenti e impedirebbe qualsiasi futuro accordo di pace".

Nel frattempo sul Wall Street Journal è trapelata un'indiscrezione riguardo a un possibile muro al confine tra Egitto e Israele. Alcuni funzionari egiziani e analisti della sicurezza avrebbero riferito al quotidiano americano che tra le contromisure che Il Cairo si sta preparando a mettere in pratica ci sarebbe anche la costruzione di una barriera lunga 12 km nel deserto del Sinai per rispondere all'esodo dei rifugiati palestinesi. La recinzione, descritta come una "zona cuscinetto", potrebbe ospitare fino a 100mila persone.

L'opzione starebbe diventando sempre più una realta con il passare delle ore, giacché l'avanzata israeliana a Rafah sarebbe ormai pronta per incominciare.

Commenti