
A ridosso del Natale scorso, avevamo raccontato da queste colonne l'evacuazione russa dalla base siriane dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Una maxioperazione-non priva di inconvenienti-con un passaggio obbligato: il Mar Mediterraneo. Più di sei mesi dopo, la presenza navale di Mosca nel bacino mediterraneo è più che mai sotto osservazione. Dopo il ridimensionamento della base siriana di Tartus – oggi utilizzata solo per attracchi temporanei – la Russia ha dovuto rinunciare a una presenza marittima strutturata nella regione.
Let's take stock of the Russian naval presence in the Mediterranean#Russia https://t.co/L5mdu3R8j5
— itamilradar (@ItaMilRadar) July 14, 2025
Le sue navi, ormai, dipendono da accordi di attracco provvisori, come quelli in Algeria, o da rifornimenti in mare aperto, spesso affidati a navi cisterna in navigazione tra lo Stretto di Gibilterra e le coste libiche. Questa fragilità logistica ha reso evidente il declino operativo del dispositivo navale russo nel Mediterraneo. I sottomarini dispiegati nel 2025, ad esempio, si sono mossi in acque internazionali per crociere brevi, sempre sotto scorta di rimorchiatori, e senza dimostrare alcuna reale attività strategica.
Una delle unità più recenti, la corvetta missilistica Boikiy, è stata tracciata mentre transitava a sud-est della Sicilia, diretta verso le coste siriane in scorta a un convoglio militare ribattezzato informalmente “Syrian Express”. Più a ovest, nei pressi dello Stretto di Gibilterra, è stata osservata la cisterna Vyazma, incaricata di rifornire le unità russe in transito. Un’altra nave, la Viktor Leonov, specializzata in raccolta di segnali (SIGINT), è entrata nel Mediterraneo in primavera, ma non risulta attiva da settimane. E ancora, al largo della Libia, il sommergibile Novorossiysk, di classe Kilo potenziata, è stato segnalato insieme al rimorchiatore Jakob Grebelsky in navigazione verso est.
Russian naval transits through the Sicilian Channel continue#Russia #NATOhttps://t.co/6wBt7tmSLC
— itamilradar (@ItaMilRadar) July 14, 2025
La “Syrian Express”, la rotta navale tra i porti russi del Mar Nero e le coste siriane, è diventata negli ultimi anni l’arteria logistica fondamentale attraverso cui Mosca sostiene la propria presenza militare nel Levante. Attiva sin dai primi anni della guerra civile siriana, e potenziata a partire dal 2015 con l’intervento diretto a favore del regime di Assad, questa linea marittima trasporta equipaggiamenti, munizioni, carburante e personale, garantendo continuità operativa. Il percorso – che passa regolarmente per il Canale di Sicilia e le acque del Mediterraneo centrale – è oggi più fragile, complice la perdita dello status di Tartus e le crescenti difficoltà logistiche dovute alle sanzioni e all’erosione della flotta.
Il transito delle navi militari russe attraverso il Canale di Sicilia è tutt’altro che accidentale: rappresenta una delle direttrici strategiche fondamentali per Mosca. Dopo il ridimensionamento della base di Tartus, che ha perso il ruolo di avamposto permanente, la Russia è costretta a gestire la sua presenza navale nel Mediterraneo con appoggi temporanei e rifornimenti in mare aperto. Questo rende ancora più importante ogni viaggio compiuto dalle sue unità, sia dal punto di vista logistico che simbolico.
The vessel entered the Mediterranean in early July together with the Kilo-class submarine Novorossiysk.#Russia #NATO https://t.co/xa7vWPcZZA
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Ma oltre all’aspetto operativo, il transito ha anche un valore politico: segna la volontà di Mosca di continuare a esercitare influenza navale in un’area storicamente cruciale per gli equilibri euro-mediterranei. In un momento in cui la sua proiezione marittima è visibilmente ridimensionata, ogni passaggio, ogni missione, ogni avvistamento diventa un messaggio. E la Sicilia, crocevia naturale tra Europa e Nord Africa, si conferma uno dei punti di osservazione privilegiati da cui leggere le ambizioni – e i limiti – della potenza navale russa nel mondo multipolare post-2022.
Nelle prime ore di ieri, un velivolo da pattugliamento marittimo ATR P-72A dell’Aeronautica Militare italiana è decollato dalla base di Sigonella per sorvegliare i movimenti del convoglio navale russo nel Mediterraneo. Il pattugliatore – lo stesso che ha già monitorato le stesse unità nei giorni scorsi – testimonia il livello crescente di attenzione con cui la NATO scruta le manovre navali di Mosca nel cuore del bacino euro-mediterraneo. Ed è proprio questa reazione, tanto prevedibile quanto inevitabile, che finisce per servire uno degli obiettivi impliciti del Cremlino: generare allarme, riaccendere riflessi da Guerra Fredda, ricordare all’Occidente che la Russia è ancora un attore capace di mobilitare tensione geopolitica.
Emblematica, in questo senso, è stata la recente ondata di notizie infondate sulla presenza di una presunta portaerei russa nel Mediterraneo, rilanciate da alcune testate a causa di un errore di traduzione. L’informazione era palesemente falsa: non solo non sono state rilevate unità del genere, ma la Russia non dispone nemmeno, al momento, di portaerei operative. Eppure, la semplice suggestione ha generato per qualche ora un clima di allerta.
È l’effetto collaterale – o forse il risultato ricercato – di ogni missione navale russa in acque internazionali: suscitare attenzione, creare ambiguità, e ottenere reazioni che rafforzino l’immagine di una potenza ancora in grado di disturbare l’equilibrio globale.