Il pericolo nucleare e il ruolo dell'Italia

La situazione è drammatica, ma non vanno sottovalutate le potenzialità diplomatiche da Trump a Meloni

Il pericolo nucleare e il ruolo dell'Italia
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Gentile Direttore Feltri,
mi ha fatto impressione l'intervento del ministro degli Esteri russo Lavrov alle Nazioni Unite, il quale ha messo in guardia l'Occidente dal pericolo che il conflitto in Europa divenga una guerra mondiale nucleare. Avvertimento preceduto qualche giorno addietro da un discorso di Putin, il quale ha affermato che, nel caso in cui la Russia venisse attaccata con armi che noi occidentali forniamo all'Ucraina, questa azione sarebbe interpretata come un atto di guerra e comporterebbe una reazione immediata da parte della Russia, che ricorrerebbe alle armi atomiche. Perché i leader mondiali non adottano la prudenza e tendono a sottovalutare gli avvisi del presidente russo? Putin non mi sembra uno che parla a vanvera. Ma, in ogni caso, nel dubbio sarebbe opportuno non ridere delle parole di Putin e cominciare a prendere sul serio il pericolo che la guerra degeneri.
Lei come vede questa intricata situazione? Solo io sono preoccupato?
Stefano Colombo

Caro Stefano,
io credo, come te, che ci sia di fondo una sottovalutazione dei rischi, la quale potrebbe favorire lo scivolamento inesorabile verso un conflitto mondiale. Forse la tensione non è mai stata così alta come in questi ultimi giorni, eppure noto anche io una certa inconsapevolezza o superficialità da parte delle Nazioni indirettamente coinvolte. Forse ci illudiamo che non possa accadere, che sia impossibile che possa scoppiare la terza guerra mondiale e che una potenza si spinga al punto di adoperare armamenti nucleari, che hanno costituito un deterrente che ha semmai agevolato la distensione durante la guerra fredda. Stavolta potrebbe trionfare la fretta di utilizzarli per primi.

Sì, la situazione è drammatica. Tuttavia, confido nel ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, in seguito alle ormai vicine elezioni americane, che si terranno nel mese di novembre. Trump si sta già muovendo affinché, qualora venisse eletto, egli possa svolgere efficacemente il ruolo di mediatore tra Russia e Ucraina, ponendo così fine ad una guerra che si protrae insensatamente da oltre due anni e mezzo e che ha prodotto soltanto distruzione e morte. Il tycoon, quando di recente ha incontrato il presidente ucraino, ha subito chiarito che i rapporti con la Russia sono buoni e che Putin è un interlocutore al pari di Zelensky. Insomma, Trump ha dimostrato al mondo intero, con coraggio, che si considera amico di Putin e non suo nemico. Il messaggio è giunto forte e chiaro a Mosca. E già questo cambia il clima globale, già questo è un passo in avanti, forse il vero primo e concreto passo verso la pace, o almeno verso il dialogo.

Io sono convinto che pure Giorgia Meloni, per il prestigio e la stima che è riuscita a guadagnarsi personalmente a livello diplomatico e internazionale nonché per le sue capacità e la sua dialettica, possa ambire a rivestire un ruolo determinante nell'ambito dell'avvio di un dialogo e di un negoziato tra Ucraina e Russia. L'Italia dovrebbe prendersi questo incarico e non lasciarlo ad altri, sarebbe un peccato, dovrebbe assumersi questo impegno, uscendo da quel cono d'ombra in cui è sempre stata relegata e che in parte ha scelto, adattandosi alle posizioni altrui, appiattendosi su quanto deciso da altri. L'Ungheria di Orbán lo sta facendo. Ricordo che Orbán è stato a Mosca per incontrare Putin e riferire poi a Trump riguardo quanto si sono detti, perché mai non possiamo farlo pure noi e meglio degli altri? Insomma, perché mai l'Italia non può rendersi autrice e promotrice di una trattativa di pace? Abbiamo tutte le carte in regola per compiere questa impresa, che pure sembra impossibile, con successo.

E non si trascuri che Meloni ha l'essenza della romanaccia, che in politica internazionale serve, per quanto possa apparire assurdo. Essa consiste anche nell'innato talento di creare un ambiente amichevole e disteso, di coinvolgere l'interlocutore, di metterlo a proprio agio, di persuaderlo con le buone maniere.

Una dote che aveva pure Silvio Berlusconi, un ammaliatore, sebbene non fosse romano, e che possiede anche Donald Trump. Gente che sa e che sapeva che la pace non si costruisce con le armi, ma con la stretta di mano e con il sorriso, proprio perché sulla guerra non c'è da scherzare.

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